Non c’è pace per Emanuela Orlandi. Dopo trentotto anni dalla sua scomparsa, un nuovo terremoto sembra abbattersi sulla Procura di Roma e sul Vaticano. L’ex procuratore capo titolare dell'inchiesta, Giancarlo Capaldo, in un’intervista fiume ha parlato nuovamente del legame tra la sepoltura del boss della banda della Magliana, Enrico De Pedis, e la scomparsa della cittadina vaticana. E lo ha fatto con riferimento a una trattativa segreta. Ripercorriamo insieme tutte le piste investigative e i presunti legami tra la vicenda di Emanuela e Renatino.
Il giorno della scomparsa di Emanuela Orlandi
Il 22 giugno 1983 Emanuela Orlandi si recò a lezione di musica. L’inizio era previsto per le 16.00. Quel giorno, decise di terminare la propria lezione una decina di minuti prima del solito. Alle ore 18.45, difatti, chiamò la sorella Federica per comunicarle che sarebbe rincasata più tardi a causa di un ritardo dei mezzi di trasporto. Aggiunse inoltre di aver ricevuto una proposta di lavoro: avrebbe dovuto svolgere il ruolo di promoter di cosmetici Avon a una sfilata di moda organizzata dall’atelier delle sorelle Fontana. La paga promessa si sarebbe aggirata intorno alle trecentosettanta mila lire. La sorella le consigliò di prendere tempo e di consultarsi prima con i genitori.
Erano le 19.39 quando Emanuela si recò con due amiche, Maria Grazia e Raffaella, alla fermata di corso Rinascimento. Mentre le altre salivano sull’autobus, comunicò loro di attendere il successivo perché troppo affollato. Secondo un’altra ricostruzione, invece, avrebbe detto all’amica di aspettare l’uomo misterioso che le aveva proposto il lavoro presso l’atelier di moda. Da quel momento di Emanuela Orlandi si perderanno per sempre le tracce.
Le ricerche
Non vedendola rientrare, il papà Ercole e il figlio Pietro Orlandi iniziarono a cercare Emanuela senza sosta. Prima nei dintorni della scuola di musica poi nei pressi del Colle Vaticano. Grazie alla preside dell’istituto musicale chiamarono tutte le altre compagne di musica. Ma senza risultato. Nessuno sapeva che fine avesse fatto. Ercole Orlandi, non volendo più perdere tempo, si recò quindi presso il Commissariato Trevi, in piazza Collegio Romano, per formalizzare la denuncia di scomparsa. Ma era ancora presto e avrebbe dovuto attendere qualche ora.
La denuncia di scomparsa
La denuncia di scomparsa fu formalizzata il 23 giugno 1983. Se ne occupò Natalina Orlandi, sorella di Emanuela, recandosi presso gli Uffici dell’Ispettorato Generale Vaticano. Il 24 giugno 1983 tutta la città era tappezzata da volantini che ritraevano la ragazza appena quindicenne. Così recitava l’identikit diramato dalla polizia: “Anni 15, alta 1.60. Al momento della scomparsa indossava un paio di jeans, camicia bianca e scarpe da ginnastica. Non si hanno sue notizie dalle ore 19 di mercoledì 22 giugno. Chi avesse notizie utili è pregato di telefonare al numero 69.84.982”.
Le prime piste investigative
Inizialmente si pensò a un allontanamento volontario. Dopo l’affissione di quei volantini, il telefono della famiglia Orlandi squillò senza sosta. Infinite le segnalazioni ma nessuna di queste si rivelò utile alle indagini. Qualche giorno dopo, però, Pietro Orlandi scoprì che sua sorella era stata avvistata in compagnia di un uomo, a poca distanza da Piazza Santa Apollinare. Questa versione trovò conferma nelle parole di un vigile urbano che dichiarò di averla vista in compagnia di un “signore alto, ben vestito” che sarebbe giunto all'incontro a bordo di una BMW Touring verde. L’uomo venne rintracciato nell’immediatezza. Era un millantatore che niente aveva a che fare con l’atelier delle sorelle Fontana e neppure con la scomparsa di Emanuela Orlandi.
L’appello di Papa Giovanni Paolo II
“Una preghiera per Emanuela, rapita, di cui siamo tutti preoccupati insieme con la sua famiglia – dice il pontefice – Per parte mia, posso assicurare quanto umanamente possibile per la soluzione della dolorosa vicenda. Voglia il Dio concedere per la trepidazione di questi giorni la gioia degli abbracci”. Era domenica 3 luglio 1983 quando Papa Woytila lanciò l’appello dall’alto dell’Angelus. Nello sconcerto generale, per la prima volta, si parlò di rapimento. Seguì la replica di Pietro Orlandi: “Sono sicuro che, in qualunque modo, il Vaticano c’entri qualcosa…”
La pista che portava ad Ali Ağca
Il 5 luglio 1983 un uomo, con l’accento decisamente anglofono, e per questo ribattezzato l’Amerikano, chiamò la stampa vaticana annunciando di tenere in ostaggio Emanuela Orlandi. L’Amerikano parlò anche di Ali Ağca, il terrorista che nel maggio del 1981 sparò due colpi di pistola a Papa Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Esattamente tre giorni dopo, un uomo con accento mediorientale, chiamò una compagna di Emanuela proponendo uno scambio con Ali Ağca, arrestato dopo l’attentato a Wojtyla. Avrebbero avuto venti giorni di tempo. I lupi grigi, l’organizzazione criminale a cui il terrorista era legato, conferirono al Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Agostino Casaroli, il compito di fare da intermediario della trattativa. La vicenda non ebbe però alcun seguito reale. Anzi, il 20 novembre 1984, i lupi grigi dichiararono di aver sequestrato non solo Emanuela Orlandi ma anche Milena Gregori. La pista turca fu smentita dalle indagini per l’attentato al pontefice.
Ali Ağca e Pietro Orlandi
Il 2 febbraio 2010 Pietro Orlandi si recò a colloquio con Ali Ağca. Quest’ultimo anche in quell’occasione confermò il rapimento di Emanuela da parte del Vaticano e fece il nome del cardinale Giovanni Battista Re. Quest’ultimo ha sempre smentito e Ağca è risultato per l’ennesima volta inattendibile.
Enrico De Pedis e Sabrina Minardi
Nel luglio del 2005, durante il programma "Chi l'ha visto?", una telefonata anonima annunciò: “… Per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all’epoca".
La polizia scientifica effettuò quel sopralluogo soltanto nel 2012. Sette anni dopo. Nel 2008, però, era intervenuta un’altra testimonianza importante: quella di Sabrina Minardi, legata sentimentalmente a Enrico De Pedis dal 1982 al 1984. La Minardi era diventata collaboratrice di giustizia. Secondo la donna a rapire Emanuela sarebbe stata proprio la banda della Magliana su richiesta di Paul Marcinkus, all'epoca dei fatti Presidente dello IOR. Emanuela, secondo questa ipotesi, sarebbe stata merce di scambio nella trattativa relativa alla restituzione del denaro investito dalla banda nelle casse dello IOR. L’affare saltò e, come conseguenza, Emanuela fu uccisa.
La banda della Magliana
Nel 2007 Antonio Mancini, pentito della banda, rilasciò ai magistrati della Procura di Roma alcune dichiarazioni sul rapimento della Orlandi: “Si diceva che la ragazza era roba nostra”. Due anni dopo, era il 2009, quanto affermato da Mancini veniva confermato da un altro pentito: Maurizio Abbatino. Anche lui raccontò del presunto sequestro di Emanuela nell’ambito dei rapporti instaurati con alcuni esponenti del Vaticano per attività di riciclaggio connesse allo IOR.
La Basilica di Sant’Apollinare
Come annunciato in quella telefonata a "Chi l'ha visto?", nella cripta della Basilica erano presenti i resti di Renatino. Dunque, Sabrina Minardi era credibile. Quindi, dopo il cadavere di De Pedis, si continuò a scavare. L’ipotesi era che anche Emanuela Orlandi potesse trovarsi sepolta tra quelle mura. Gli agenti cercarono ovunque, anche in luoghi non mappati nelle cartine catastali. Lo scenario presentatosi era agghiacciante. Vennero rinvenute 409 cassette contenenti 52.188 ossa e un sacco nero con resti umani murati nel locale davanti alla tomba di Ernico De Pedis. Nessuna di quelle ossa apparteneva ad Emanuela Orlandi. A chi appartenevano? Resta ancora oggi un mistero.
I ritrovamenti nella Nunziatura Vaticana
Dopo l’ennesima archiviazione dell’inchiesta intervenuta nel 2015, durante i lavori di restauro della Nunziatura Vaticana, vennero ritrovate alcune ossa. Il Vaticano autorizzò l’esame del Dna per verificare l’eventuale appartenenza ad Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Le indagini furono affidate dalla Santa Sede alla Procura di Roma e alla polizia scientifica, che ne esclusero la riconducibilità a entrambe le giovani scomparse.
La trattativa segreta
Come una doccia fredda sono piombate le ultime rivelazioni dell’ex procuratore capo di Roma. Il dottor Giancarlo Capaldo ha recentemente fatto riferimento a una trattiva segreta relativa alla scomparsa di Emanuela Orlandi e alla sepoltura di Enrico De Pedis. In una trasmissione televisiva, l’ex procuratore capo ha infatti affermato di avere importanti elementi da comunicare nelle opportune sedi.
Giancarlo Capaldo ha sostenuto che, quando era titolare dell’inchiesta relativa alla scomparsa di Emanuela Orlandi, alcuni esponenti vaticani gli chiesero di fare in modo di eliminare l’attenzione negativa che la stampa riservava allo Stato pontificio.
Nel dettaglio, ciò che chiedeva la Chiesa era l’apertura della tomba di Enrico De Pedis per eliminare qualsiasi collegamento tra la sua sepoltura e la scomparsa di Emanuela Orlandi. Capaldo, secondo quanto emerso, avrebbe fatto presente agli emissari che la riesumazione del cadavere del boss della banda della Magliana non era un’attività prioritaria. Tuttavia, sarebbe stato possibile arrivare a un compromesso.
In cambio, infatti, l’ex procuratore di Roma chiese la possibilità di far ritrovare il corpo di Emanuela, o quantomeno, di ricevere informazioni decisive sulla sua tragica fine. I due emissari del Pontefice si riservarono di conferire con altri esponenti gerarchicamente superiori. Il periodo di riferimento è quello a cavallo tra il 2011 e il 2012, sotto la reggenza di Papa Benedetto XVI. La trattativa, però, si è arenata con la nomina a capo della procura del dott. Giuseppe Pignatone. Dal canto suo, Papa Ratzinger si dimise poco dopo. Ma proprio nel 2012 la salma di De Pedis è stata trasferita dalla basilica Santa Apollinare al cimitero Prima Porta per procedere alla cremazione.
Vista la dichiarata disponibilità di Capaldo di rivelare i nomi degli esponenti del Vaticano, l’avvocato Laura Sgro’ della famiglia Orlandi ha presentato una richiesta di interrogatorio dello stesso al Promotore di Giustizia Vaticano e al Consiglio superiore della magistratura.