Scomparsa da 17 anni, svolta nel caso di Samira Sbiaa: ossa umane nel giardino del marito
Sembrerebbero proprio ossa umane quelle trovate nel cortile della casa di Salvatore Caruso, oggi 68 anni, marito, all'epoca della scomparsa, di Samira Sbiaa, la donna di origini marocchine di cui non si hanno più notizie da 17 anni. I resti sono stati scoperti nell'ambito delle indagini aperte dalla Procura di Ivrea a carico di Salvatore Caruso, indagato per omicidio, dopo la denuncia dei familiari di Samira. Solo stamattina, Caruso aveva detto, affacciato dalle finestre di casa: "Cercano quello che non c'è, perché lei non è qui".
Le ricerche
Cani molecolari e georadar sono stati impiegati in queste ore dagli investigatori del reparto scientifico dell'Arma per rintracciare la presenza di resti in quella che fu la casa coniugale di Samira e Caruso. Sul posto ci sono ora il procuratore capo di Ivrea Giuseppe Ferrando e il comandante provinciale dei Carabinieri di Torino, colonnello Francesco Rizzo. Le ricerche di Samira Sbiaa, in corso da giorni, erano state riprese ieri, su ordine della procura di Ivrea nell'ambito della prima indagine sul caso. La vicenda è stata trattata anche dal programma Chi l'ha visto?, dove sono andati in onda alcuni appelli dei familiari di Samira. Intervistato dagli inviati della Sciarelli, Caruso, invece, aveva sempre parlato di sua moglie come se fosse ancora viva.
L'accusa: "Segregata in casa"
L'ultimo a vedere Samira, all'epoca 32enne e sposa da appena due anni, il 7 aprile 2002, fu proprio Salvatore Caruso. In tutti questi anni Caruso ha sempre parlato di allontanamento volontario dichiarando che, secondo lui, la donna voleva lasciarlo. Di altro avviso i familiari di Samira, che dal Marocco presentarono una prima denuncia, mai arrivata in Italia, proprio nel 2002 e che ora sono riusciti, grazie all'aiuto di una associazione di Asti, a far riaprire il caso. Secondo la testimonianza della sorella di Samira, Caruso, avrebbe tenuto sua moglie segregata in casa.