Sara Pedri, urla e schiaffi sulle mani per punizione davanti ai pazienti: trasferito il primario
Nel reparto di ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento sono emersi “fatti oggettivi e una situazione di reparto critica”, con questa motivazione l’azienda sanitaria trentina ha deciso che a guidare l’unità da lunedì 12 luglio non sarà più il primario Saverio Tateo, trasferito insieme a un’altra dirigente medica. La decisione arriva dopo una inchiesta interna avviata dopo la scomparsa della ginecologa forlivese Sara Pedri che si ritiene sia morta suicida proprio per le vessazioni subite durante il lavoro quotidiano in reparto. “Dalla documentazione emergono fatti oggettivi e una situazione di reparto critica che rende necessario, dal 12 luglio, il trasferimento del direttore dell’unità di ostetricia e ginecologia ad altra unità e di un altro dirigente medico ad altra struttura ospedaliera dell’Azienda sanitaria", si legge infatti nel comunicato diffuso dall’Asl che conferma quanto ricostruito nei giorni scorsi a seguito dei numerosi racconti degli operatori sanitari.
Sul futuro dei due dirigenti sanitari deciderà però ora l’ufficio procedimenti disciplinari dell’Asl che dovrà valutare i provvedimenti da prendere e trovare sostituti per i dirigenti spostati. Il reparto intanto è stato affidato al direttore della struttura analoga di Rovereto, Fabrizio Taddei. “È un primo passo importante, un calderone che andava scoperchiato” perché “una pluralità di dichiarazioni, provenienti da soggetti che operavano nella struttura, descrivevano l’ambiente in cui lavorava Sara come una vera e propria polveriera” ha dichiarato a caldo dopo la notizia l’avvocato Nicodemo Gentile, legale della famiglia di Sara Pedri. Lo stesso avvocato ha sottolineato ancora una volta il clima di terrore denunciato più volte dalla stessa dottoressa scomparsa in vari messaggi e lettere e che aveva portato la ginecologa a perdere oltre dieci chili in poco tempo.
Secondo la famiglia, nel reparto erano all’ordine del giorno urla continue e punizioni per ogni minima questione, un vero e proprio clima oppressivo che aveva poto l’unità ad avere un turn over spaventoso: alla prima occasione chi poteva chiedeva il trasferimento. “Le diedero una settimana di congedo dal lavoro perché stava male. Aveva diritto a quindici giorni, ma aveva paura di perdere il posto. Dopo quei 7 giorni è stata demansionata. Si era convinta di essere responsabile di quanto accadeva” ha denunciato la sorella di Sara. Tra i vari episodi il legale cita quello quando “Sara venne allontanata dalla sala operatoria e ricevette uno schiaffo sulle mani”. “Rimane amarezza nel leggere di fatti oggettivi riscontrati. Servivano interventi a tempo debito” ha concluso il legale.