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Sara Pedri, sospese le ricerche. I carabinieri del Nas: “Subiva maltrattamenti in reparto”

Per la scomparsa di Sara Pedri, i carabinieri del Nas suggeriscono alla Procura di Trento di indagare per maltrattamenti primario e vice. L’informativa depositata individuerebbe anche altri 14 operatori sanitari come vittime di vessazioni da parte del primario Saverio Tateo e della sua vice Liliana Mereu.
A cura di Anna Vagli
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Sono passati più di quattro mesi dalla scomparsa di Sara Pedri. Oggi esattamente 159 giorni. Infiniti per chi, come la sua famiglia, vorrebbe riabbracciarla. Ma pochi, troppo pochi, per smettere di cercare. Sì perché, nonostante le attività fossero riprese, oggi Sara non si cerca più. Non la si cerca più forse complice il periodo estivo e l’attesa dell’abbassamento delle acque.

La lettera di dimissioni

Di lei, che è andata ad ingrossare l’esercito delle desaparecidos d’Italia, si sono perse le tracce una mattina di fine inverno. Erano le 06.40 di giovedì 4 marzo 2021. Il 26 febbraio aveva affidato all’azienda sanitaria per la quale lavorava una lunga lettera di dimissioni. Dimissioni, queste ultime, che avrebbero dovuto far data a partire dal 1 marzo 2021. Si era voluta liberare, ed apparentemente c’era riuscita, dal peso dei maltrattamenti e delle vessazioni ingiustificate di cui era caduta vittima. Ma che cosa successo davvero a Sara?

Il contratto di affitto

Ancora troppi sono i punti che alimentano il giallo della sua scomparsa. Dopo la decisione, ufficializzata, di non proseguire il rapporto di lavoro all’Ospedale Santa Chiara di Trento, ne aveva fatto parola con la sorella e con Aldo Sandri, il padrone di casa. E proprio a quest’ultimo, il giorno prima della scomparsa, aveva comunicato la scelta di abbandonare il nosocomio ma, al contempo, anche di voler rimanere in quell’appartamento di Cles almeno per un mese o due. Perché avrebbe dovuto conservarlo se si era determinata nel compiere l’estremo gesto?

Inquietanti ricerche

Grazie alle telecamere di video sorveglianza e al tracciamento dello smartphone, l’auto della donna, una Wolswagen T-Roc grigia, è stata ritrovata parcheggiata in una piazzola a Mostizzolo, nel comune di Cis, vicino ad uno dei ponti principali della Val di Non. Nell’abitacolo il gps e cellulare ancora in carica. Nella cronologia di quest’ultimo, una ricerca sinistra: “Ponti sommersi Val di Non”.

Che cosa è successo dopo? Ha guidato da sola fino a lì? Sara aveva un appuntamento o lo stato depressivo di cui, forse, era vittima, ha preso il sopravvento?Ancora mancano all’appello la carta d’identità e i suoi occhiali tondi da vista. Sappiamo che i cani molecolari ne hanno fiutato le tracce fino alla sponda boschiva del fiume Noce. L’ipotesi al momento accreditata è che sia salita fino al bordo del fiume dove c’è un burrone di 50 m. Poi il niente.

Il reparto di ginecologia sott'accusa

Ma, nel silenzio del nulla di quella misteriosa scomparsa, in attesa del peggio, si sono levati dall’Ospedale Santa Chiara i vapori tossici di insinuazioni e misteri. Immediatamente, e in maniera del tutto spontanea, colleghi e amici di Sara hanno inviato alla famiglia messaggi che denunciavano la situazione di difficoltà ambientale con cui la donna conviveva. Ma non soltanto lei. Da quel reparto di ostetricia e ginecologia negli ultimi 5 anni avevano rassegnato le dimissioni oltre 60 dipendenti: ginecologi, infermieri ed operatori socio-sanitari. Tutti verosimilmente vittime di un sistema tossico e distruttivo.

Un'altra donna maltrattata

Ma c’è di più. Nel 2012 una dottoressa, ginecologa come Sara e che per ovvie ragioni ha scelto la strada dall’anonimato, avrebbe vissuto un’esperienza simile. “Io sono scappata. Sara non ce l’ha fatta. Qualcuno del reparto dovrebbe averla sulla coscienza, se ha una coscienza”.

La donna sarebbe infatti finita oggetto di maltrattamenti sistematici, pubblici e ripetitivi. E, oltre danno la beffa, come conseguenza dell’ostilità perpetrata nei suoi confronti, sarebbe stata licenziata dall’azienda. Grazie al suo coraggio, però, quest’ultima è riuscita a denunciare e a vincere una causa contro l’ospedale per illegittimo licenziamento. Ma dentro a quel nosocomio anche lei non mangiava e non dormiva più. E       quindi, pur essendo stata reintegrata in organico, il clima quotidiano l’avrebbe poi comunque costretta a trovare lavoro in un’altra regione.

Sarebbero 14 gli operatori vittime

Sara, probabilmente, non è stata altrettanto fortunata. La Procura di Trento, fino ad oggi, ha aperto un fascicolo al modello 45 per fatto non costituente reato. Dunque, attualmente, non ci sono né indagati né ipotesi di reato. Ma lo scenario potrebbe presto cambiare. Stando a indiscrezioni dell’ultim’ora, difatti, i carabinieri del Nas avrebbero depositato presso la Procura di Trento un’informativa. Quest’ultima inviterebbe a formulare il reato di maltrattamenti a carico del primario, Saverio Tateo, e della sua vice, Liliana Mereu. Ed individuerebbe almeno altri 14 operatori sanitari come vittime di vessazioni e maltrattamenti a partire dal 1 gennaio 2018.

Primario allontanato

Parallelamente è stata aperta un’inchiesta interna all’azienda. Quest’ultima ha incaricato la commissione disciplinare di effettuare ulteriori approfondimenti sulla gestione delle risorse umane nel reparto. E, stando ad altre indiscrezioni, proprio quei verbali avrebbero portato l’azienda a prendere primi provvedimenti: il primario e la sua vice sarebbero stati allontanati dall’Ospedale e, nei confronti del primo, sarebbe stato già aperto un procedimento disciplinare. Al momento, però, come atto dovuto.

Il legale: "Indagare sul reparto"

Nel frattempo, il legale della famiglia, Nicodemo Gentile, fa sapere: “Sara prima di arrivare a Trento era una ragazza perfezionista, ambiziosa ed equilibrata. Aveva una vita relazionale piena, si era anche fidanzata. Nessuno vuole mettere in discussione la professionalità dei medici di Trento ma è necessario indagare sulla gestione delle risorse umane all’interno di quel reparto di ostetricia e ginecologia”.

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