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Sara Pedri scomparsa, la sorella Emanuela: “Si sentiva sola e abbandonata dal sistema”

Emanuela Pedri, sorella di Sara, scomparsa un anno e mezzo fa a Trento: “Mia sorella si è sentita abbandonata, non dalla sua famiglia, ma dal sistema. Sapevano cosa stava succedendo”.
A cura di Ida Artiaco
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Emanuela Pedri e sara
Sara Peri e la sorella Emanuela

"Sara si è sentita sola. E la solitudine è una cosa tremenda. Mia sorella si è sentita abbandonata, non dalla sua famiglia, ovviamente. Si è sentita abbandonata dal sistema".

È tornata a parlare Emanuela Pedri, sorella di Sara, la ginecologa trentenne originaria di Forlì scomparsa ormai un anno e mezzo fa a Trento e le cui ricerche sono state sospese a inizio ottobre. Lo ha fatto nel corso di una intervista rilasciata al Corriere della Sera, in cui ha anche spiegato di "aver perdonato" quello che lei ha definito "muro di gomma" eretto per coprire la realtà delle cose, in riferimento agli abusi subiti all'ospedale Santa Chiara, dove la ragazza lavorava.

"Molti pazienti anche a Trento ci raccontavano di aver visto una dottoressa sicura di sé, di una persona premurosa. Ci restituiscono il ritratto, quasi postumo, di una ragazza che viveva un momento così drammatico ma che al tempo spesso era capace, malgrado tutto, a donarsi al mestiere, alla professione alle persone. Almeno fino al gennaio del 2021. Sapete cosa vuol dire? Che i medici erano al corrente della situazione. Sapevano cosa stava succedendo. Perché essi stessi soffrivano quella situazione. Anche loro venivano vessati e maltrattati, l’atmosfera era diventata tossica e loro si erano adattati, come se fosse uno status quo, come se fosse tutto normale. Invece erano “vittime” anche loro".

Per questo, ha aggiunto Emanuela, "abbiamo intrapreso un percorso che ha poi portato all’apertura di un fascicolo e alle indagini, all’allontanamento di primario e vice primario. Io credo che Sara avesse protetto chi le stava intorno. Lei si sentiva ingabbiata, non si sapeva nulla di quello che accadeva, ci diceva che le cose non andavano bene ma non capivamo per davvero. Credevamo fosse dovuto a un grande cambiamento che era avvenuto nella sua vita, il trasferimento in una città lontana, in un ambiente lavorativo molto grande, eterogeneo complesso".

"Sara – ha concluso Emanuela – non si è sentita tutelata e protetta, come è accaduto per la maggior parte dei professionisti che hanno lavorato in quell’ospedale. La verità è che dobbiamo smetterla di pensare che se denuncio un abuso non succede nulla. Perché? Perché innanzi tutto succede una cosa. Se subisco un abuso e lo denuncio, succede che almeno continuo a vivere".

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