Sara Pedri, parla il fidanzato: “La sera prima stava bene, il giorno dopo è sparita”
È da quasi 5 mesi che Sara Pedri, la dottoressa forlivese di 31 anni scomparsa a Trento, ha fatto perdere le sue tracce. Da allora, familiari, colleghi e amici hanno continuato a cercarla e a voler scoprire cosa sia successo. L'ultimo a parlare è stato il fidanzato della ragazza, Guglielmo, artigiano e commerciante 33enne originario di Cosenza, che in una intervista al Corriere della Sera, ha ricordato l'ultima volta che ha sentito Sara al telefono, poco dopo che lei aveva rassegnato le sue dimissione dall'ospedale Santa Chiara, dove lavorava e dove sarebbe stata sottoposta a umiliazioni continue da parte dei suoi superiori. "La sera prima della sua scomparsa al telefono l’ho sentita molto sollevata. Poi la mattina dopo, quando ho visto che non aveva letto il mio ultimo messaggio, dato che non riuscivo a rintracciarla, ho avvisato sua sorella Emanuela", ha detto Guglielmo.
Il ragazzo ha definito Chiara "piena di forza e con tantissima voglia di fare". Ma questo è stato quando l'ha conosciuta durante i primi anni di specializzazione in Calabria. Poi, dopo il trasferimento a Trento, qualcosa è cambiato. "Dai suoi racconti – ha continuato il fidanzato – mi rendevo conto che aveva perso regolarità nelle attività quotidiane, ma non avrei mai pensato a una cosa del genere". Tra gli episodi che la dottoressa menzionava durante le loro telefonate, Guglielmo ricorda in particolare di quando "una collega più grande l’ha cacciata fuori dalla sala operatoria dopo averla aggredita prima verbalmente e poi fisicamente dandole uno schiaffo sulle mani, facendole cadere il bisturi, davanti a tutti i colleghi. Purtroppo si pensa al peggio, ma teniamoci una piccola speranza che le cose siano andate diversamente".
Sara è scomparsa il 4 marzo scorso da Trento. Poco dopo è stata rinvenuta la sua auto in prossimità del torrente, il suo telefonino era a bordo. Sin da subito si è fatta strada la pista del suicidio, anche se di lei ancora non c'è alcuna traccia. Alla base del gesto estremo compiuto dalla 31enne ci sarebbero le vessazioni subite durante il lavoro quotidiano nel reparto di Ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento, dove si era trasferita qualche mese prima. Secondo la famiglia della giovane, nel reparto erano all’ordine del giorno urla continue e punizioni per ogni minima questione, un vero e proprio clima oppressivo che aveva poto l’unità ad avere un turn over spaventoso: alla prima occasione chi poteva chiedeva di andarsene. Il che ha portato anche al trasferimento del primario Saverio Tateo e un’altra dirigente medica al termine di una inchiesta interna avviata dopo la sparizione di Sara.