Sara Meucci riceve una richiesta d’aiuto tra i “direct” di Instagram: è così che nasce il suo viaggio come consulente d'immagine per donne senza peli. Ma soprattutto è così che Sara capisce di aver sconfitto la vergogna derivata dal suo disturbo ossessivo compulsivo, trovando forza e determinazione per ribaltare le sue ferite e aiutare altre donne.
“Sono affetta da un disturbo chiamato tricotillomania”, è così che si presenta la bellissima Sara, in arte Mrs. Swirl, che oggi ha 28 anni e si diverte con parrucche e trucco per reinventare ogni giorno quell’immagine di sé che un tempo l’ha fatta soffrire, mentre oggi la rende fiera per aver saputo trasformare il dolore in gioco.
“Nella solitudine del mio dolore, non mi ero mai accorta di avere accanto altrettante persone che stavano percorrendo i miei stessi passi, vivendo la mia vita, le mie stesse esperienze e superando poco alla volte le mie stesse paure. La mia esperienza, insieme al mio naturale estro creativo e all'aver lavorato sia su me stessa che nella moda per molti anni, mi hanno sostenuta nella decisione di diventare consulente d'immagine per donne senza peli.”
Che cos’è la tricotillomania? È un bisogno compulsivo di strappare i propri peli fino a causare la calvizie, ed è così che Sara ha iniziato: aveva undici anni quando ha strappato le prime ciglia, poi le sopracciglia e in fine i capelli. Una pratica per lei piacevole e rilassante, che però con il tempo ha compromesso il suo aspetto, portandola alla scelta di radersi completamente. In quanto disturbo mentale e comportamentale, è spesso cronico ma non impossibile da curare seppur richieda notevole impegno:
“Personalmente, dopo anni di terapia nella quale ho sostenuto la mia crescita, sono riuscita a fare un percorso di riconoscimento della mia bellezza soprattutto attraverso la fotografia, che mi ha permesso di mettermi a nudo, letteralmente, davanti ad uno specchio diverso da quello che ho sempre visto io riflesso nei miei occhi. È stata una grande sfida ed anche una delle soddisfazioni più grandi imparare ad accettarsi guardando una foto di sé, non per come ti vedi tu ma per come ti vede un estraneo.”
Sara mi racconta di come il vero cambio di prospettiva sia avvenuto a dodici anni, dopo aver rifiutato i farmaci. Prima di andare in terapia, sistemando la bandana per la testa, ha deciso di fronte al suo specchio di lasciar perdere e uscire scoperta. Ha capito che quei canoni che la società ci impone non andavano assecondati, bensì riscritti attraverso accessori come cappelli, parrucche, ciglia finte e trucco. Non senza attirare sguardi incuriositi, divertiti o talvolta preoccupati delle persone che associano il suo esser glabra ad una malattia e non certo ad una rinascita.
“Ho deciso di insegnare l'arte del sapersi valorizzare alle donne senza peli per permettere loro di ritrovare un'immagine di se stesse che le faccia sentire a proprio agio davanti allo specchio e riflesse negli occhi di chi le guarda. Non sto ad enumerare le decine di ripercussioni che ha la perdita dei capelli e dei peli in volto per una donna nella nostra società. Cerco di trasformare un trauma nella riscoperta di come possiamo divertirci con il nostro corpo, con i colori, con la capacità di mettere in mostra le cose che ci piacciono di noi stessi ed andarne fieri.”
Per questo motivo nasce “The Bold Girls”, le ragazze sfacciate, con relativo sito web e canali social, Instagram compreso: un insieme di guide specifiche su make-up e styling, affiancati da videochiamate di gruppo dove le donne possono confrontarsi e parlare con Sara. Prima di salutarci, però, ho ancora qualche domanda per Sara…
Cara Sara, ti ho conosciuta perché il tuo fidanzato, Simone, è un mio amico di vecchia data. Nelle relazioni sentimentali quando e in che modo scegli di affrontare la questione? È mai stato un ostacolo, un qualcosa che ti ha messo a disagio? E se sì, quali pensieri "negativi" hai avuto?
"Avere qualcosa di cui si ha vergogna presenta sempre un enorme disagio nei confronti di una potenziale relazione. Mi sono chiesta sempre: ‘qual è il momento giusto per rivelare qualcosa di strettamente intimo di noi stessi? Mi accetterà? Vorrà comunque continuare ad uscire con me? Cosa penserà di me? Sono abbastanza?'
Solo dopo aver esposto il mio problema in superficie ho iniziato a beneficiare di una certa calma nei confronti di queste domande. Inizialmente ero convinta che se non lo vedevo io, anche l'altro non avrebbe notato il problema e quindi lo nascondevo così bene da farlo risultare inesistente anche ai miei occhi, ma… Me la sono vissuta malissimo! Tutte le volte che una mano si avvicinava alla mia faccia ero letteralmente terrorizzata che mi toccassero le sopracciglia o la testa. Vivevo con l'ansia che la bandana mi si sfilasse o che si spostasse e rendesse visibile la condizione disastrosa dei pelucchi che mi erano rimasti. Non facevo la doccia insieme a lui perché mi si sarebbe cancellata la faccia. Portavo sempre appresso una matita per ritoccarmi in caso di necessità. Se dormivamo insieme mi svegliavo al mattino prima dell'alba per risistemarmi e sgattaiolavo in bagno ricostruendo tutto da capo. Mi bruciavano gli occhi perché la matita nera tenuta durante la notte mi irritava le pupille… Ma non importava. E sono finita con l'avere due ferite simmetriche, ora cicatrici, costantemente aperte sulla parte alta dell'orecchio perché ci passava sopra la cucitura della bandana che era legata così stretta da segarmi la cartilagine. Nel sesso era impossibile rilassarsi, tutto quel movimento non faceva altro che spostarmi l'ambaradan che avevo in testa a destra e sinistra, non mi si poteva toccare la faccia e figurati se stavo a pensare al piacere personale! A volte non vedevo l'ora che finisse… e poi l'argomento era assolutamente off-limits: appena si pronunciavano domande a riguardo mi si chiudeva la gola e non riuscivo a fare a meno di scoppiare in lacrime. Mi sentivo un mostro eppure non riuscivo a smettere di strappare i peli alla prima buona occasione di stress da risolvere.
Insomma, negli anni dell'adolescenza io non gliel'ho mai detto per bene, ho sempre lasciato che la questione mi divorasse e che l'altra persona se ne facesse una ragione da sola. Dopo che sono uscita allo scoperto, non c'è stato bisogno di spiegare molto. Mi hanno vista senza peli e mi hanno semplicemente chiesto a cosa fosse dovuto e gli ho spiegato della questione: non vedendomi più come un mostro, non avevo motivo di credere che l'altra persona potesse vedermi come tale.
Con Simone è stato così, lui non si è fatto problemi e nemmeno io me ne sono fatti. Anche se non ti nascondo che la mia testa rimane una parte di me che è suscettibile e deve essere avvicinata con cura e mai alla sprovvista, proprio perché non sono abituata al contatto frequente: Simo mi coccola la testa e mi chiama la sua nocciolina (per evidenti somiglianze!).
Questo è quello che dovrebbe succedere in una relazione: giochiamo e ci prendiamo cura l'uno delle particolarità dell'altro, accettandosi per come siamo e spronandoci a migliorare e fare di più, insieme. Se possiamo essere lo specchio che insegna alla persona che amiamo ad amare se stessa, perché non usare questo potere? Qualsiasi relazione che non si fonda su questa base, non è degna di essere chiamata tale."
E invece ci sono stati dei momenti imbarazzanti o delle gaffe che qualche ragazzo ha fatto durante un appuntamento?
"Sì. Ma ne ho fatte di peggiori sicuramente io, perché a volte vivo fra le nuvole e dico cose inopportune… Però posso dare un consiglio a chi si trova in questa situazione: fai domande perché sei curioso di conoscere la persona che hai davanti, non perché vuoi soddisfare una tua curiosità personale. Tutto ciò che dirai sarà sicuramente preso nel migliore dei modi."
Salutiamoci con un tuo consiglio verso la Sara di ieri, dodicenne, e a tutte le ragazzine che non riescono ad aprirsi agli altri perché si sentono diverse.
"Io mi sono sentita tanto sola nella mia condizione quando ero una ragazzina e non c'erano tutti i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi, che invece possono essere la chiave per capire che non si è MAI e dico MAI soli al mondo a dover sostenere un peso che ci opprime. Qualsiasi sia il tuo piccolo o grande segreto, esiste almeno una persona che sa di cosa stai parlando. Esiste un posto, esiste un gruppo al quale appartieni perché semplicemente siete nati sotto la stessa stella e il tuo obiettivo è viaggiare per mare e per monti, parlare con tutte le persone delle quali incontrerai per caso lo sguardo, leggere tutte le parole che ti capiteranno sott'occhio, toccare tutte le cose che non conosci e scoprire a cosa servono, ascoltare la musica di chi ha vissuto prima di te, ballare una danza sconosciuta, farti guidare da profumi che ti incuriosiscono e combattere perché tu non smetta mai e poi mai di farti sorprendere da quello che il mondo ti fa vedere.
Sono sicura che mentre percorri questo cammino, troverai più risposte delle domande che adesso hai in testa."