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Samantha D’Incà, il papà: “Basta accanimento terapeutico su mia figlia, le chiedo scusa ogni giorno”

Samantha D’Incà, 30enne di Feltre, è in stato vegetativo dallo scorso novembre. I familiari avrebbero voluto per lei l’eutanasia: “lo diceva sempre anche lei, quando parlavamo del caso Englaro e del DJ Fabo”, racconta il padre Giorgio. Ma per il momento è ancora tutto fermo e la sofferenza dei familiari aumenta.
A cura di Elia Cavarzan
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Samantha era caduta mentre stava andando a lavorare. Una semplice operazione chirurgica alla gamba. Poi i gonfiori, la velocità con cui è avanzata l'infezione, il collasso dei polmoni, il cervello che resta senza ossigeno, il volo in elicottero fino all'ospedale di Treviso. Poi il buio. "Salva, certo", racconta il padre, Giorgio D'Incà, con un filo di voce, "ma i medici ci avevano detto fin da subito che i danni cerebrali sarebbero stati ingenti". E così è stato. Samantha, prima sorridente, socievole, indipendente, generosa, è ora un bambino di un mese. Respira solamente.

"Quando in famiglia parlavamo del caso Englaro e del DJ Fabo, la nostra Samantha ha sempre detto che anche lei avrebbe voluto il fine vita perché in quelle condizioni, non avrebbe mai voluto restare", racconta il padre. "Abbiamo fatto alcune perizie neurologiche. L'ultima con il Dott. Leopold Saltuari, l'esperto europeo che ha seguito il campione di Formula 1, M. Schumacher. Ha detto che Samantha è come una bambina di un mese e che dopo la riabilitazione potrebbe diventare una bambina di due mesi".

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Per la famiglia D'Incà, non ci sono dubbi: "il suo volere era il fine vita. Continuare a vederla così è un'esperienza tragica sia per lei che per noi". Il giudice incaricato ha provveduto all'adempimento della riabilitazione, che si terrà nella struttura riabilitativo-neurologica di Vipiteno. "Finita la riabilitazione si rivaluterà il caso". Per i familiari si tratta di prolungare per altri sette mesi il dolore, la sofferenza, e tradire la volontà della figlia. "Ho promesso a mia figlia che l'aiuterò ad adempire le sue volontà".

Non avendo Samantha scritto alcun testamento biologico, le autorità hanno infatti l'obbligo di accertarne le sue volontà in vita, sentendo testimonianze e racconti di parenti e familiari stretti. "La nostra tragedia", conclude il padre Giorgio D'Incà, "deve sensibilizzare le persone e le famiglie a ragionare sul fine vita. Ci sono le DAT, Disposizione Anticipata di Trattamento, che servono a tutelarsi in anticipo da tutto questo. Aiutano a prevenire queste situazioni, questo strazio senza fine".

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