Sono passati oltre quattro mesi dalla scomparsa di Saman Abbas ma il suo corpo ancora non è stato ritrovato. Lo si è cercato con ogni mezzo e ogni tipo di strumento: dall’elettromagnetometro ai cani molecolari. Senza esito. Ciò che restava, in tutti questi mesi, era la barbarie congelata dalle telecamere di video sorveglianza. Quei frame, che riprendono zio e cugini nelle serre di Novellara con le pale in mano, sono stati l’unico faro con cui si è cercato di illuminare le ricerche. Unico faro, almeno fino ieri. Fino a quando alla periferia di Parigi è stato arrestato Hasnanin Danish, lo zio di Saman e suo presunto assassino. Quest’ultimo, fuggito dopo la sparizione della ragazza pachistana ed indagato per omicidio premeditato e sequestro di persona, potrebbe ora rivelare che cosa è accaduto realmente. Ma ripercorriamo tutte le tappe della vicenda.
La prima denuncia di Saman Abbas nel 2020
È novembre 2020 quando Saman, rifiutando un matrimonio combinato fissato per il giorno 22 del mese successivo, denuncia i suoi genitori. Trattandosi di minore, viene dunque emesso un provvedimento di allontanamento dalla casa famigliare e la giovane affidata a una struttura protetta nel Bolognese. Stando ai racconti del fidanzato conosciuto su Tik Tok, Saqib Ayud, però, neppure in comunità Saman vive serena. Al contrario, è come se vivesse “segregata in casa”: non le è concesso di uscire neppure per andare a scuola.
Il ritorno a casa e la scomparsa da Novellara
L’11 aprile 2021 Saman lascia volontariamente il centro protetto e si reca a casa per recuperare i suoi documenti, tra cui il passaporto. Vuole essere così libera, finalmente, di sposare l’uomo che ama. Ma esattamente 11 giorni dopo torna dai carabinieri per sporgere ancora denuncia. Difatti, nel corso dell’ultima visita di Saman a Novellara, nella sua casa in mezzo alle serre, i genitori l’avrebbero rimproverata per il suo comportamento e i suoi documenti sarebbero stati chiusi a chiave nell’armadio del padre. Il maresciallo dei Carabinieri, Pasquale Lufrano, di fronte a quanto occorso, strappa a Saman una promessa: qualora il documento fosse indebitamente ritrovato in possesso dei genitori, lei sarebbe tornata in comunità protetta. Così, il giorno successivo chiede al PM un decreto di perquisizione a casa degli Abbas e contemporaneamente allerta i servizi sociali per trovare un nuovo posto dove ospitarla.
È il 30 aprile e sono le ore 23.30. Saman scrive un sms al fidanzato Saqib grazie a un telefono di fortuna. Il contenuto del messaggio è raccapricciante. “L’ho sentito con le mie orecchie, ti giuro che stavano parlando di me..”. Riferisce così di aver udito la madre parlare di un unico rimedio di fronte a una donna che non rispetta le regole di vita pachistane: ucciderla. Di fronte ad una chiara richiesta di spiegazione da parte della ragazza, Nazia Shaheen asserisce che il riferimento è un’altra vicenda accaduta in patria. Saman non le crede e chiede a Saqib di allertare le forze dell’ordine se non gli avesse scritto nei due giorni successivi. Passa mezz’ora e sappiamo, in base ai racconti del fratello, che la ragazza litiga violentemente con i genitori. Prepara lo zaino e pretende i documenti necessari ad andarsene per sempre. A quel punto, però, Shabbar Abbas le chiede se la sua volontà è quella di sposare qualcuno. Lei risponde di voler solo andare via e tenta la fuga. Ma il padre chiama lo zio Danish e gli chiede di riportarla a casa. Anche contro la sua volontà. Lo zio annuisce e torna dicendo di aver sistemato tutto.
La fuga dei genitori, dello zio e dei fratelli
Il 1 maggio Nazia e Shabbar Abbas fanno rientro in Pakistan con un biglietto comprato due giorni prima. La partenza risulta confermata dalle telecamere di videosorveglianza dell’aeroporto di Milano Malpensa e documentata dalle carte d’imbarco. I loro volti sorridenti sono immortalati nel momento in cui si abbassano la mascherina per effettuare il riconoscimento ai controlli di sicurezza. Soltanto il 5 maggio i carabinieri effettuano una perquisizione nella casa di Novellara. Ma non trovano né la ragazza né i genitori. Sono presenti solo il fratello minore e lo zio, con i quali gli inquirenti scambiano qualche parola per poi rintracciare il fidanzato Saqib. Saqib riferisce il contenuto dell’ultimo messaggio scambiato con Saman. Il 10 maggio lo zio Danish, e i due cugini di Saman, Nomanulhaq e Ikram Ljaz, entrambi indagati, vengono fermati per un controllo ad Imperia. In loro compagnia anche il fratello, immediatamente tradotto in una comunità protetta. Sentito nell’immediatezza dichiarerà che lo zio Danish gli ha confessato il delitto.
Le ricerche del corpo
È il 25 maggio quando scattano ufficialmente le ricerche. Ci si concentra nei pressi dell’azienda agricola nelle valli di Novellara, Campagnola e Reggiolo dove lavoravano tutti gli uomini della famiglia Abbas. Un solo riferimento. Alle ore 19.15 del 29 aprile, le telecamere di sicurezza dell’azienda filmano lo zio e i cugini di Saman uscire da un magazzino per dirigersi nei campi minuti di badili, di un secchio, un sacchetto di plastica e un piede di porco. Il rientro è documentato qualche ora dopo. Sono ormai passate le 21.30. Dopo la visione di quelle immagini, si cerca senza sosta, giorno e notte. Si cerca con l’elettromagnetometro e il georadar. Con i cani molecolari e con speciali unità cinofile provenienti dalla Svizzera e specializzate nel fiutare tracce ematiche e resti umani. Ma anche le segnalazioni dei cani da cadavere restano infondate. Saman non si trova e inizia a farsi strada la convinzione che quel video non sia altro che un depistaggio.
Le testimonianze raccapriccianti del fratello di Saman
Il 28 maggio a Nimes, in Francia, viene arrestato il cugino Ikram Ijaz, mentre tenta la fuga verso Barcellona. Il giorno successivo, in un’intervista rilasciata a un quotidiano, Shabbar Abbas dichiara che la figlia è viva e che si trova in Belgio. Dichiara altresì che avrebbe fatto rientro in Italia con la moglie il 10 giugno. Ma nessuno gli crede. E, nel frattempo, nei loro confronti viene emesso un mandato di arresto internazionale. Il 18 giugno, sentito in incidente probatorio nella forma dell’audizione protetta, il fratello sedicenne di Saman ribadisce che ad ucciderla è stato lo zio Danish. Ma non soltanto. Fornisce infatti ulteriori dettagli raccapriccianti. Il 30 aprile si sarebbe svolta una riunione tra i genitori, lo zio Danish e un altro parente, per discutere sulle modalità con cui disfarsi del cadavere della diciottenne. L’idea paventata era lo smembramento.
Le ultime notizie sul caso Saman Abbas
Nel pomeriggio del 22 settembre è arrivata la svolta. Con una conferenza stampa, l’Arma dei Carabinieri di Reggio Emilia ha reso nota la notizia dell’arresto a Parigi di Danish Hasnanin, zio di Saman. È accusato di aver ucciso la giovane e poi di averne seppellito il cadavere con la complicità dei genitori e di altri due cugini. L’arresto è stato possibile grazie al coordinamento con la polizia francese ed è avvenuto in un appartamento nel quartiere di Garges les Gonesse, nella periferia nord-est della capitale. L’uomo non ha mostrato alcun segno di resistenza, ma ha messo in piedi solo un maldestro tentativo di fornire generalità false. A tradirlo un neo sulla fronte. La conferma che si trattasse di lui è avvenuta grazie alla comparazione delle impronte digitali. Laddove decidesse di collaborare, il suo arresto sarebbe decisivo per il rinvenimento del corpo. Questa mattina, dopo la ricezione degli atti del caso, il Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha firmato le domande di estradizione di Nazia e Shabbar Abbas, genitori di Saman, indagati nel nostro Paese per omicidio e ricercati dall’Interpol.