Saman Abbas, respinta istanza di rilascio su cauzione del padre: Shabbar resta in carcere
Shabbar Abbas, il papà di Saman, la 18enne di Novellara di origine pakistana scomparsa a fine aprile 2021, il cui cadavere è stato trovato lo scorso novembre, resta in carcere.
Il magistrato di Islamabad, dove è detenuto, ha, infatti, respinto l'istanza di rilascio su cauzione dell'uomo, arrestato in Pakistan a novembre e per cui l'Italia ha chiesto l'estradizione. Procura e Carabinieri di Reggio Emilia lo accusano dell'omicidio, dell'occultamento del cadavere e del sequestro della figlia 18enne, morta a Novellara nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, in concorso con altri quattro parenti tra cui la moglie Nazia Shaheen, unica ancora latitante.
È stata inoltre fissata per giovedì 30 marzo la prossima udienza a Islamabad per la richiesta di estradizione nei confronti di Shabbar. Oggi il suo difensore era assente, in quanto impegnato, secondo quanto si apprende, in questioni religiose fino al 25 aprile. Il magistrato ha respinto anche la richiesta formulata dal sostituto del legale per un rinvio a fine aprile, disponendo che, per giovedì, ad Abbas venga nominato un difensore d'ufficio in sostituzione del suo.
Saman sarebbe stata assassinata per aver rifiutato un matrimonio combinato dalla famiglia. Il procedimento sull'estradizione di Abbas prosegue, così come continua in Italia il processo davanti alla Corte d'assise di Reggio Emilia.
Nell'attesa di una decisione sull'estradizione, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha inoltrato alle autorità del Pakistan la richiesta della Corte perché il padre della ragazza partecipi al processo in video conferenza. L'uomo in un primo momento non ha però dato il consenso e non ha partecipato alle prime udienze, ma avrebbe poi cambiato idea, secondo i suoi legali.
"Oggi c'è una manifesta volontà da parte di Shabbar Abbas di essere presente, tant'è vero che la mail inviata dal collega pachistano dice chiaramente di partecipare e, addirittura, all'udienza di ieri in Pakistan lui ha dato il consenso ma, disgraziatamente, come dice il collega, non c'era nessuno a rappresentare l'autorità italiana. Questo è quanto scrive il collega pachistano", aveva detto il 17 marzo scorso l'avvocato Simone Servillo, che difende i genitori della vittima.