Saman Abbas, l’avvocato del fratello: “Teme di essere ucciso come la sorella per aver parlato”
"Questo ragazzo è certo che per aver parlato subirà la stessa sorte della sorella". A parlare è Valeria Miari, l'avvocato che assiste come parte civile il fratello di Saman Abbas. Lo ha fatto oggi in aula in tribunale a Reggio Emilia, dove si è svolta la seconda udienza del processo per l'omicidio della 18enne pakistana, i cui resti sono stati rinvenuti lo scorso novembre nei pressi di un casolare di Novellara.
Il giovane, minorenne, è testimone chiave nel processo ai cinque familiari della 18enne accusati dell'omicidio, e cioè lo zio Danish, due cugini, il papà e la mamma della giovane. Le difese degli imputati hanno chiesto di risentirlo nel processo, mentre la sua avvocata si oppone facendo riferimento anche a "forti pressioni che ha subito da persone vicine al nucleo familiare" e "al trauma subito". "Ha chiesto di vedere il corpo, è convinto sia la sorella", ha detto ancora la legale.
Anche Claudio Falleti, legale del fidanzato di Saman, si è opposto a una nuova testimonianza del suo assistito, già sentito in incidente probatorio prima dell'inizio del processo. Il "forte stress" subito dalla vicenda e "le minacce subite, oggetto di altro procedimento penale, che arrivavano ad ogni sua uscita pubblica" sono i due elementi su cui ha insistito l'avvocato per opporsi a nuove dichiarazioni.
Dopo che hanno preso la parola anche gli avvocati dei cugini di Saman, Luigi Scarcella per Nomanhulaq Nomanhulaq e Mariagrazia Petrelli per Ikram Ijaz, che chiedono anche loro di risentire i due, la Corte di assise si è ritirata in camera di consiglio per decidere.
Lo zio e il cugino di Saman chiedono il rito abbreviato
Sempre nell'udienza di oggi le difese di Danish Hasnain e Ikhram Ijaz, rispettivamente zio e cugino di Saman, hanno ribadito in aula la richiesta di rito abbreviato, già respinta in fase di udienza preliminare, nell'ipotesi che si possa, a fine processo sulle responsabilità nella morte di Saman Abbas, arrivare ad una sentenza che – escludendo le aggravanti – possa portare ad una pena che non sia l'ergastolo e che consentirebbe così di guadagnare anzi la riduzione di un terzo. A tutti gli imputati al momento sono contestati i reati di omicidio aggravato da premeditazione, motivi abietti e legame di parentela, oltre a occultamento di cadavere e sequestro di persona.
L'avvocato Liborio Cataliotti, difensore dello zio Danish, parlando ai giornalisti, ha spiegato che a suo avviso le aggravanti possono essere messe in discussione. Sui motivi abietti ha detto che "il dubbio è se una norma di cultura, di matrice religiosa, possa essere interpretata come un'aggravante rispetto all'omicidio. Cioè l'omicidio d'onore, giudicato con una responsabilità attenuata nel paese di origine dei tre, ammesso e non concesso che questo sia stato il movente del reato, può rappresentare, importata questa cultura in Italia, un'aggravante?". Poi il rapporto di parentela "riguarda i genitori e non gli altri tre imputati". La premeditazione, infine "deve essere valutata in ordine a ciascuno degli imputati". E "lui si professa estraneo allo stesso occultamento di cadavere".
Le associazioni islamiche ammesse come parti civili al processo
Nella seconda udienza del processo per la scomparsa di Saman Abbas è stata accolta la richiesta di costituzione di parte civile della Confederazione islamica italiana, dell'Unione comunità islamiche d'Italia, del Centro islamico cultuale d'Italia La grande moschea di Roma, dell'Associazione differenza donna, dell'associazione Unione donne italiane e del Comune di Novellara. Tra le escluse, figura anche l'Associazione Penelope. Altre parti civili restano poi il fratello di Saman e il fidanzato.
L'udienza per il padre Shabbar rinviata al 17 marzo
Infine, la Corte di assise di Reggio Emilia invierà gli atti per far predisporre il processo in videoconferenza di Shabbar Abbas, padre di Saman. Lo ha comunicato la presidente della Corte in apertura dell'udienza separata per il Shabbar, arrestato in Pakistan a metà novembre e per cui è in corso una procedura di estradizione chiesta dall'Italia. Ora gli atti andranno notificati a Islamabad per chiedere ad Abbas il consenso ad essere processato in video, a distanza.
Gli atti saranno inviati al ministero della Giustizia che poi li invierà in Pakistan per la notifica. L'udienza per il padre è stata rinviata al 17 marzo.