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Omicidio Saman Abbas

Saman Abbas, la sindaca di Novellara a Fanpage.it: “Ci aspettiamo una giustizia esemplare”

È passato un anno dalla scomparsa di Saman Abbas, la 18enne che aveva rifiutato un matrimonio combinato. La richiesta di giustizia è “per tutte le Saman del mondo”, ci spiega Barbara Iannuccelli, legale dell’associazione Penelope.
A cura di Beppe Facchini
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Il 30 aprile 2021 è l'ultimo giorno in cui si hanno notizie di Saman Abbas, la 18enne di origine pakistana scomparsa a Novellara, dopo aver rifiutato le nozze combinate nel Paese natale dei genitori, con un cugino più grande. Le indagini si sono chiuse recentemente, alla vigilia del tristissimo anniversario: chiesto il processo per omicidio e soppressione di cadavere per la madre, il padre, lo zio e due cugini. Attualmente solo i due genitori della giovane sono ancora liberi, ma su di loro pende una richiesta di estradizione: sono fuggiti in Pakistan il giorno dopo la scomparsa della figlia. Ora il giudice dovrà fissare l'udienza preliminare e fra chi si costituirà certamente parte civile nel processo, fra gli altri, ci saranno anche il Comune di Novellara e l'associazione Penelope, che si occupa di persone scomparse. La richiesta di giustizia è “per tutte le Saman del mondo”, ci spiega Barbara Iannuccelli, legale dell'associazione. “Ma serve anche un intervento del legislatore” ricorda la sindaca di Novellara, Elena Carletti, la quale aggiunge: “Abbiamo bisogno di una giustizia che sia esemplare e io mi auguro che vengano chiariti i fatti e individuate pienamente tutte le responsabilità, perché se c'è ancora chi pensa di poter disporre della vita dei propri figli, tanto da togliere loro il diritto di autodeterminarsi, queste persone devono sapere che qui non funziona così”.

La vicenda di Saman Abbas ha scosso profondamente tutto il Paese fin da subito e non soltanto la comunità del piccolo comune vicino Reggio Emilia, dove, spiega ancora la sindaca, “le comunità immigrate vivono da più di vent'anni e non è mai successo nulla”. Numerosi, ricorda sempre Carletti, sono infatti i progetti di integrazione e supporto messi in campo continuamente dal territorio, mentre a livello nazionale si è arrivati a parlare già da tempo di una legge che porta proprio il nome della 18enne, che dopo il primo via libera alla Camera dei Deputati adesso aspetta il passaggio successivo al Senato. Si tratta di una norma (che a Montecitorio ha registrato 385 voti favorevoli e 31 astenuti, tutti di Fratelli d'Italia), che include il matrimonio forzato nell’elenco dei reati che prevedono il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime di violenza domestica. Dalla tragedia assurda di Saman, quindi, qualcosa in grado di rendere ulteriormente civile il nostro Paese sembra comunque potersi ereditare.

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Ma cosa è successo in questi ultimi dodici mesi? Praticamente di tutto. Anzi, l'inizio della storia che ha portato alla sparizione della ragazza è da rintracciare all'ultimo periodo del 2020. A novembre di due anni fa, infatti, Saman sporge denuncia nei confronti dei genitori, dopo il suo rifiuto al matrimonio combinato in Pakistan. “Da quanto emerge dal quadro probatorio -spiega l'avvocato Iannuccelli- lei voleva vivere all'occidentale, indossava i jeans invece degli abiti classici e ha dovuto interrompere gli studi. Questo perché i genitori avevano per lei un futuro già standardizzato secondo la loro cultura. Ma Saman non è che la rifiutasse, però voleva vivere come tutte le altre ragazze della sua età, nel Paese dove fra l'altro l'avevano portata proprio i genitori”. Non solo. La 18enne, sui social, aveva anche trovato il vero amore nei confronti di Saquib Ayud, il fidanzato al quale manda l'ultimo messaggio prima di far perdere le proprie tracce.

In seguito alla denuncia, Saman viene affidata a una casa protetta di Bologna, nella quale però non si sente pienamente a suo agio. Un posto, insomma, ancora troppo piccolo per i suoi sogni. L'11 aprile 2021 decide così di lasciare volontariamente la struttura e tornare a Novellara per recuperare alcuni documenti, passaporto compreso. Passano appena undici giorni ed ecco però la seconda denuncia: Saman racconta ai carabinieri che, una volta rientrata nell'abitazione dei suoi, nell'azienda agricola dove la famiglia prestava lavoro, i genitori l'avrebbero rimproverata per il suo comportamento, col padre che ha chiuso a chiave i suoi documenti in un armadio, dopo aver persino minacciato i familiari del fidanzato in Pakistan. Il 30 aprile, attorno alle 23.30, Saman scrive un sms al ragazzo: “L'ho sentito con le mie orecchie, stavano parlando di me…”. Riferisce così di aver udito la madre parlare di un unico rimedio di fronte a una donna che non rispetta le regole di vita pachistane: ucciderla. E di fronte alle richieste di spiegazioni da parte della ragazza, Nazia Shaheen (questo il nome della donna) lei risponde che il riferimento è un’altra vicenda accaduta in patria. Saman però non le crede e quindi chiede a Saqib di allertare le forze dell’ordine se non gli avesse scritto nei due giorni successivi. Passa mezz’ora e, in base ai racconti del fratello, successivamente si saprà che la ragazza litiga violentemente con i genitori, prima di preparare lo zaino e prendere i documenti necessari per andarsene per sempre. A quel punto, però, Shabbar Abbas (il padre) le chiede se la sua volontà è quella di sposare qualcuno. Lei risponde di voler solo andare via e tenta la fuga, ma l'uomo chiama lo zio Danish e gli chiede di riportarla a casa, anche contro la sua volontà. Lo zio annuisce e torna dicendo di aver sistemato tutto.

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Il primo maggio i genitori fanno poi rientro in patria con un biglietto comprato due giorni prima, mentre il 5 maggio i carabinieri effettuano una prima perquisizione nella casa di Novellara, ma trovano soltanto il fratello minore e lo zio, coi quali scambiano qualche parola per poi rintracciare il fidanzato, dal quale raccolgono le informazioni riguardanti l'ultimo messaggio di Saman. Il 10 maggio lo zio Danish, e i due cugini della ragazza, Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ljaz, entrambi indagati, vengono fermati per un controllo a Imperia insieme al 16enne fratello di Saman, immediatamente tradotto in una comunità protetta. È lui il primo ad accusare lo zio, il quale gli avrebbe confessato il delitto. Verso la fine di maggio scattano poi ufficialmente le ricerche. Ci si concentra nei pressi dell’azienda agricola nelle valli di Novellara, dove lavoravano tutti gli uomini della famiglia Abbas e nel frattempo cominciano a spuntare le prime immagini registrate dalle telecamere di sicurezza. Si cerca senza sosta, giorno e notte, anche con l’elettromagnetometro, il georadar, con i cani molecolari e con speciali unità cinofile provenienti dalla Svizzera e specializzate nel fiutare tracce ematiche e resti umani. Ma sempre senza alcun risultato.

Il 28 maggio a Nimes, in Francia, viene arrestato Ikram Ijaz, mentre tenta la fuga verso Barcellona. Nel pomeriggio del 22 settembre, poi, l’Arma dei Carabinieri di Reggio Emilia rende nota la notizia dell’arresto a Parigi di Danish Hasnanin. È accusato di aver ucciso la giovane e poi di averne seppellito il cadavere con la complicità dei genitori e di altri due cugini. A tradirlo un neo sulla fronte. Pochi mesi dopo, a febbraio, in manette ci finisce anche l'altro cugino, che si trovava in Spagna. A fine aprile, invece, arriva la chiusura delle indagini: la Procura di Reggio Emilia, con il pm Laura Galli, ha richiesto il rinvio a giudizio per i cinque pachistani indagati per omicidio e soppressione di cadavere della ragazza. Corpo che, ad oggi, non è ancora stato ritrovato.

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