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Salvatore Verdura, poliziotto della scorta di Falcone: “Non morì di infarto, fu ucciso”

La famiglia di Salvatore Verdura è convinta che il poliziotto siciliano, ex appartenente della scorta di Giovanni Falcone, sia stato ucciso e che la storia dell’incidente sulla statale 106, in Calabria, sia soltanto una messinscena. Salvatore ha visto qualcosa nel Centro di accoglienza Sant’Anna sul quale la ‘ndrangheta aveva messo le mani? Perché inizialmente non è stata fatta alcuna autopsia? Perché aveva una ferita dietro l’orecchio?
A cura di Fabio Giuffrida
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Salvatore Verdura

È il 13 gennaio 2011 quando Salvatore Verdura, poliziotto di Scordia (Catania), viene ritrovato morto in auto – in località Le Castella, a Crotone, lungo la strada provinciale 43 all'altezza dell'incrocio con la strada statale 106 Jonica – poiché colpito da infarto, secondo i giudici. Questa la ricostruzione ufficiale a cui la famiglia non ha mai creduto, per molte ragioni. Salvatore, che è stato trovato con una ferita dietro l'orecchio su un'auto non sua, lavorava al Centro di accoglienza Sant'Anna di Isola di Capo Rizzuto che, grazie all'operazione "Jonny", si è scoperto essere in mano alla ‘ndrangheta. Ma meglio andare per ordine in questa oscura vicenda.

La strana telefonata tra padre e figlio

Salvatore Verdura – padre di quattro figli – la sera prima dell'incidente chiama il figlio (che non stava bene) parlando con lui per pochissimi minuti. "C'era troppo casino, troppo chiasso", spiega Gaetano Verdura, il figlio del poliziotto che non si dà pace e chiede giustizia per suo padre, morto a 49 anni dopo aver fatto la scorta a Falcone. Da quel momento, dalle 23 di quel maledetto 12 gennaio 2011, Salvatore non si fa più sentire. Come mai? Era un padre apprensivo, adorava sua moglie e i suoi figli ma quella sera non richiama più. Secondo la moglie e i figli muore quella notte e non la mattina. Salvatore – e questo è un dato inconfutabile – smette di lavorare alle ore 2.08.

Colpi d'arma da fuoco nel Centro di accoglienza

Quella notte potrebbe essere successo qualcosa. Qualcuno – come riferito in un'intervista tv dall'ex legale della famiglia Verdura – fa sapere di aver udito un colpo d'arma da fuoco all'interno del Centro di accoglienza "Sant'Anna". Ma su questo fatto, a quanto pare, nessuno avrebbe approfondito; per un suo collega in quella notte "non si è verificato nessun fatto anomalo né disordine". E allora perché Salvatore non ha richiamato il figlio? Dove ha dormito? C'è un buco temporale di 8 ore.

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L'incidente e il ruolo della Misericordia

A segnalare l'incidente è un testimone oculare che alle 7 del mattino si trovava, anche lui, sulla statale 106. Lì si "è accorto dell'incidente guardando lo specchietto retrovisore": "Sono tornato subito indietro e ho chiamato i soccorsi. Ho potuto notare che il conducente era già morto". Ad arrivare sul posto, per prima, non è l'ambulanza del 118, bensì quella della Misericordia che accerta la morte alle 7.31 anche se l'incidente si sarebbe verificato prima, alle 7.10 circa. Solo dopo, alle 7.55, l'intervento del 118 che certifica il decesso. Ma perché interviene prima la Misericordia e non il 118? E soprattutto: come dichiarato dai medici del 118 stesso, com'è possibile che il corpo dell'uomo, a quanto pare già deceduto, fosse stato prelevato dall'auto e caricato in ambulanza della Misericordia "senza l'autorizzazione di un magistrato" come spiegano i familiari?. "Non presenti lesioni cagionate da altrui violenza […] per una completa definizione del caso occorre procedere a esame autoptico" scrive inoltre il medico intervenuto sul posto.

Nessuna autopsia

E, invece, incredibilmente non viene eseguita alcuna autopsia. Il corpo di Salvatore Verdura viene analizzato soltanto tra il 2016 e il 2017, quando il pm Bono dispone "la riesumazione del cadavere e l'esecuzione dell'esame autoptico". Dopo quasi 6 anni dall'incidente, ecco che l'autopsia conferma la pista dell'incidente: nessun omicidio, nessun colpo d'arma da fuoco, nessun avvelenamento. Ma il consulente tecnico mette nero su bianco che c'è stata "un'approssimazione dei primi accertamenti medico-legali" e una "grave carenza nell'esecuzione degli accertamenti sul cadavere". Insomma sarebbe bastato fare subito un'autopsia per fugare ogni dubbio.

La proprietaria dell'auto

Salvatore Verdura viaggiava a bordo di un'auto, una Citroen Saxo verde, che era di proprietà di una donna di Petilia Policastro, paese ad alta densità mafiosa. Tra di loro non ci sarebbe stata una relazione anche se i frequenti contatti ("anche di notte") fanno pensare anche ad altro. Come dichiarato dalla moglie, il poliziotto aveva sostenuto che si trattava solo di un'amica e che aveva deciso di aiutarla poiché in difficoltà: aveva un figlio col tumore al cervello. Poi, però, salta fuori un messaggio inviato dalla donna a Verdura; è l'11 gennaio, ore 9.24, due giorni prima dell'incidente (nelle ultime settimane, però, le telefonate sarebbero diminuite): "Temo che il mio ex abbia chiamato mio padre". Cosa intendeva dire? "Tra mio padre e il mio ex marito, in ragione della nostra separazione, erano sorti degli attriti per cui mio padre voleva vedere il nipote e a ciò si opponeva il mio ex" ha dichiarato la donna. Ma perché comunicarlo al Verdura?

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Gli orari e le memorie dei cellulari cancellate

Secondo i famigliari, la polizia si sarebbe recata, quel maledetto 13 gennaio 2011, a Scordia – dove abitano – già alle 7.30, ancor prima che fosse constatato il decesso del Verdura dal 118. Dichiarazioni che, però, cozzano con quelle dei militari sentiti secondo cui la moglie avrebbe appreso del decesso intorno alle 10.45 e che la distanza tra la caserma di Catania – da dove sarebbero partiti i poliziotti – e l'abitazione dei Verdura è di oltre 40 km (quindi, più o meno, 40-50 minuti di auto). Il dubbio è che tutti sapessero che la morte fosse avvenuta di notte e non di mattina, come scritto sulle carte. E poi il giallo delle memorie dei pc e dei telefoni, consegnati dopo mesi e cancellati: figlio e moglie non avrebbero trovato più nulla. Da chi sono state cancellate e perché?

Le mani della ‘ndrangheta sul Centro di accoglienza

Su quel Centro di accoglienza, a Isola di Capo Rizzuto, ci sarebbero state le mani della ‘ndrangheta, della cosca Arena, anche grazie alla complicità di alcuni. Coinvolto nell'inchiesta "Jonny", datata maggio 2017, anche l'ex Governatore della Misericordia di Isola. Insomma un servizio che odorava di mafia. E se Salvatore avesse visto qualcosa? E se fosse stato fatto fuori perché, da uomo onesto qual era, avrebbe raccontato, una volta tornato in Sicilia, cosa succedeva in quel centro? Sono queste le domande che si pone la sua famiglia, da anni.

Tutta una messinscena?

A preoccupare sono soprattutto le foto del cadavere di Salvatore che, secondo la famiglia, racconterebbero un'altra (amara) verità. Quel sangue nell'orecchio, quegli abiti che sarebbero "stati sostituiti" da qualcuno (indossava la divisa o una tuta?), quelle scarpe che dimostrerebbero un "trascinamento del suo corpo". "Salvatore è stato ucciso perché ha visto qualcosa" hanno tuonato a Fanpage.it i suoi familiari. Secondo loro, il 49enne sarebbe deceduto all'interno del Centro di accoglienza Sant'Anna la notte tra il 12 e il 13 gennaio 2011; poi sarebbe stato collocato all'interno dell'auto, ritrovata fuori strada sulla statale, e infine – grazie alla complicità della Misericordia – sarebbe stato inscenato il decesso per infarto. Il 118 sarebbe arrivato ormai a cose fatte. Insomma, una messinscena sulla quale – è doveroso sottolinearlo – non c'è alcun riscontro nelle indagini della Procura di Crotone.

L'appello a Fanpage.it

Ora la famiglia di Salvatore Verdura, in passato scorta di Falcone, chiede verità e giustizia e si rivolge al procuratore Gratteri e ai vicepremier Di Maio e Salvini. Vogliono la riapertura del caso con indagini approfondite.

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