“Se gli dici la tua data di nascita lui sa dire esattamente in quale giorno della settimana sei nato. Eppure non esistono formule per poterlo calcolare così rapidamente!” A parlare è Anna Torchia, insegnante di sostegno in una scuola primaria di Figline Valdarno (FI), città dove vive anche il suo ex alunno Salim Piras.
Anna ha lavorato per la maggior parte dei casi con bambini con disturbi pervasivi dello sviluppo, finché non è arrivato quello che lei definisce “il bambino del cuore”: Salim, con mamma di origine marocchina e babbo sardo. Uno studente con il disturbo dello spettro autistico ad alta funzionalità e competenze elevatissime.
“Salim è un bambino meraviglioso, l’ho conosciuto in prima elementari, sono stata con lui ventidue ore a settimana per cinque anni, fino ad accompagnarlo nel passaggio alla scuola media.”
Sono stati anni molto intensi i primi. Salim, appena arrivato nella nuova scuola, non parlava e non guardava negli occhi, le uniche cose che diceva erano in relazione a film e brani musicali. Quella di avere l’“orecchio assoluto”, infatti, è un’altra sua grande dote insieme all’alta abilità matematica.
“Quando è stato inserito nella scuola dell’infanzia, dove è stato trattenuto un anno, una volta si è addirittura perso. Lo cercarono le forze dell’ordine nella zona di Reggello, dove al tempo viveva prima di trasferirsi a Figline. Ricordo bene i suoi genitori alla presentazione con la scuola primaria, ricordo soprattutto la loro preoccupazione. La diagnosi è stata per loro un grosso colpo.”
Alla scuola dell’infanzia Salim faceva un sacco di attività extra proprio per le sue ottime capacità. Per questo alle elementari si è dimostrato subito, a detta di Anna, un bambino affascinante. Alla scuola primaria, dopo aver fatto un periodo di continuità, è iniziato un percorso molto complesso e faticoso ma anche pieno di gioia.
“Abbiamo riscontrato un mondo nuovo con lui. Eppure noi insegnanti non ci siamo nemmeno resi conto del suo autismo: una volta si è messo ripetutamente a raccontare cose che solo dopo ho scoperto essere pezzi di un libro di Emanuele Luzzati, che lui aveva trovato in casa. In prima elementare sapeva già tutte le declinazioni dei verbi, nonostante per parlare usasse pochissime parole, mentre oggi il suo vocabolario si è un po’ arricchito.”
Gli iniziali atteggiamenti strani di Salim, che oltre a non guardare negli occhi spesso saltava addosso agli altri ed era incontrollabile, ha generato paura in chi entrava in contatto con lui. Tra questi, i genitori dei suoi compagni.
“Vedevo negli occhi delle persone la paura. Una mamma una volta disse che Salim faceva troppo rumore e che sua figlia, per questo, non veniva volentieri a scuola. Col tempo però abbiamo assistito ad una vera evoluzione: un cambiamento non immediato, perché le persone alle volte sono molto dure, ma che ha dimostrato come si possa cambiare se crediamo nell’unione. In questo, devo ringraziare anche le mie colleghe Ilaria Giachi, Sara Sottani e Silvia Carnasciali.”
Gli insegnanti hanno così tirato fuori le sue potenzialità. Hanno fatto vedere che anche l’ambiente intorno può cambiare quando non si hanno delle resistenze. E infatti una fortuna per Salim è stata quella di essere inserito in una classe con compagni che l’hanno sempre sostenuto e supportato.
“Un giorno una guida turistica ci disse che non si era accorta del suo autismo così complesso. Lui non ha mai parlato, ha cominciato a farlo negli anni e solo usando la terza persona. Ho iniziato a parlarci io attraverso il linguaggio del cuore. Un momento importante è stato infatti quello della consapevolezza della propria pagella. Anche quel momento, io l’ho registrato con una videocamera insieme a tantissimi altri, a partire dal primo anno insieme per fermare immagini e video, soprattutto da quando ha iniziato a scrivere.”
Questo percorso intenso e ricco di affetto non è solo un rapporto tra docente e ragazzo. Nella scuola, ricorda Anna, le cose e le persone sono in continua evoluzione, così come l’ambiente si modifica: tutti i ragazzi riescono a realizzarsi e realizzare. Ed è questo il messaggio che la storia di Salim deve trasmetterci: si può educare bene abbracciando e sostenendo le disabilità dei nostri ragazzi. Quel che ha funzionato, infatti, è che Salim ha sempre avuto una copertura totale di sostegno e di assistenza, con figure sempre intorno a lui efficienti.
“Adesso che si trova alle scuole medie Salim ha bisogno comunque di un mediatore. Eppure è cresciuta, lentamente, anche la sua autonomia. Pensa che i genitori non erano mai andati a mangiare una pizza, mentre con il tempo sono riusciti a ritagliarsi spazi importanti di normalità.”
Da questa esperienza ne è nato anche un libro contenente i suoi dialoghi, talvolta surreali: “A scuola con Salim, la storia vera di un bambino con autismo”. Uno strumento per imparare a non soffermarci sulle difficoltà anche quando ce ne sono di grandi.
“Si parla spesso di genitori di bambini autistici o di associazioni sull’autismo – conclude Anna – ma poco di scuola e di rapporto tra docenti e alunni con bisogni speciali, eppure c’è un grosso lavoro dietro. Nel mio caso, lavoro per modo di dire… Una volta Salim mi ha detto ‘Maestra Anna, ma te quando vai a lavorare?’, e aveva ragione. Io con lui non lavoravo, quello tra me e lui era un rapporto di amore. Io ho raggiunto il massimo con questo bambino.”