Saidou Gadiaga, così si muore in Italia
Morire per un attacco d'asma: istanti durante i quali Saidou Gadiaga si aggrappa alla porta di ferro della sua cella, la stringe, si contrae per il soffocamento fino ad accasciarsi, dopo una terribile agonia. Pochi, interminabili minuti ripresi da una telecamera fissa, puntata sull'atrio dinanzi alle porte delle due camere di sicurezza, che documentano quegli ultimi momenti di dolore, le dita che prima escono dallo spioncino, poi, finalmente, la porta che viene aperta da un carabiniere.
Un video, pubblicato online da Repubblica.it, riporta un minuto e mezzo degli otto totali costati la vita a Saidou Gadiaga: immagini strazianti e dolorose per quanto quelle non contenute nella registrazione siano ancora più drammatiche e sarebbero state consegnate dai carabinieri ai pm che conducevano l'immagine.
Senegalese, aveva 37 anni ed era in Italia da quattro quando venne fermato l'11 dicembre del 2010: sprovvisto del permesso di soggiorno, già raggiunto dal provvedimento di espulsione secondo quanto designato dalla legge Bossi-Fini. Pochi giorni dopo l'Italia avrebbe recepito la normativa europea che non persegue come reato la non ottemperanza a detto provvedimento: ma la sorte decise così per Saidou Gadiaga. Asmatico, mostrò immediatamente, al momento del fermo, il proprio certificato medico ai carabinieri.
Dopo aver passato la notte nella gelida camera di sicurezza della Caserma Masotti, sede del comando provinciale dei carabinieri di Brescia, il giovane ebbe un malore dopodiché tutto accadde nel giro di pochi minuti: quei minuti cruciali che avrebbero potuto salvarne l'esistenza e che, invece, sono ancora pieni di punti oscuri in cui l'avvocato Mario Vicini ed il console del Senegal a Milano, che ha assicurato che andrà in fondo alla vicenda, vogliono vederci chiaro.
Alle 7:44 si vedono sporgere la dita dell'uomo dallo spioncino e due minuti e mezzo dopo gli viene aperta la porta; stando alla testimonianza del suo vicino di cella, stava chiamando aiuto già da parecchio tempo, anche se nessuno era intervenuto. A quel punto, uscito dalla cella in evidente stato confusionale ed abbandonato a sé stesso, il senegalese trascorre gli ultimi sei minuti della sua vita con una smorfia di dolore sul viso, spegnendosi lentamente e cadendo a terra alle 7:52. Dopo ulteriori 120 secondi arriveranno i medici del 118 che altro non potranno fare se non constatare l'arresto cardiaco.
In quel frammento di tempo, il male di Saidou Gadiaga era degenerato al punto che non era stato più possibile intervenire: a stento era riuscito a tirare fuori dalla tasca dei pantaloni lo spray che aveva con sé, mentre si contraeva disperatamente. Morto, secondo quanto dirà l'autopsia in seguito ad «un gravissimo episodio di insufficienza respiratoria comparso in soggetto asmatico» e prima di giungere in autoambulanza al pronto soccorso, anziché di aneurisma ed in ospedale, come comunicato nelle relazioni inviate dai Carabinieri alla procura e al consolato.
Consegnato alle mani della legge e uscitone cadavere: un destino, purtroppo, che lo accomuna ad altri italiani, i cui volti sono diventati parte della nostra storia contemporanea. I carabinieri sostengono di aver fatto uscire otto minuti prima della sua crisi Saidou Gadiaga per farlo andare in bagno: il video, invece, colloca questo evento ben 26 minuti prima. Un altro punto da chiarire, soprattutto se unito alla testimonianza di Andrei Stabinger, il bielorusso che, dalla cella accanto, sentì le urla disperate di quell'uomo che colpiva la porta, chiedendo di uscire perché stava soffocando.