Sabina è malata di Sla ma non arrivano i soldi per le cure: “Ormai non ho più tempo”
"Questa malattia va più veloce della burocrazia. Non c’è tempo, mia moglie non ha tempo". È con le lacrime agli occhi, seduto sul divano di casa, a pochi passi dalla moglie, Sabina Radu, 36 anni, malata di SLA, che Sergio Carrozza prova a spiegare le ragioni della sua protesta. A Taurianova, piccolo centro del reggino, lottare con questa malattia è più difficile che altrove.
Da 3 anni, infatti, tra mille difficoltà, prova a gestire la sua compagna in casa, perché non vuole abbandonarla in un ospedale: "Non sono un codardo, non lascio mia moglie sola al suo destino, la voglio qui con me ma ho bisogno di aiuto".
Sergio è un infermiere che lavora presso l’UO di chirurgia dell’ospedale di Polistena con turni variabili e vive in un appartamento con la moglie e il figlio nato da un precedente matrimonio della donna. "La caposala e i colleghi, conoscendo la mia situazione, cercano di venirmi incontro – racconta -, ma mia moglie ha bisogno di assistenza qualificata 24 ore al giorno, soprattutto in casa, soprattutto quando io lavoro. Un’assistenza che non mi posso permettere".
Attualmente, Sergio Carrozza paga una donna per le pulizie e l’assistenza ordinaria, ma il rischio che, in sua assenza, possa accadere qualcosa è alto. "Un OSS costa almeno 10 euro all’ora e il mio stipendio non mi permette di averne uno a disposizione per buona parte della giornata – prosegue -. La ‘badante' mi costa 900 euro al mese, ho avuto altre spese per adeguare la casa, comprare il mezzo per disabili, le medicine, che sono molto costose… Non posso fare di più".
Attualmente, il contributo assistenziale percepito dalla moglie è di circa 700 euro, cifra insufficiente per la gestione di una malata grave. "Non è facile assistere una persona con la SLA – spiega Sergio – perché bisogna aspirarla, bisogna farle l’apparecchio della tosse, bisogna dargli da mangiare, bisogna accompagnarla in bagno… Quando mangia o beve, c’è un rischio enorme che intervenga una polmonite ab ingestis. L’unico aiuto viene dal Comune di Taurianova che manda un assistente per 3 ore al giorno, esclusi i weekend e mai dopo le ore 20. Li ringrazio per l’attenzione nei miei confronti, ma 3 ore al giorno sono pochissime rispetto alle esigenze di mia moglie".
L’odissea è iniziata nel 2019 quando, dopo i primi sintomi di stanchezza e dolori alle articolazioni, arriva la prima diagnosi dell’ospedale di Polistena: sospetta SLA. Una diagnosi poi confermata presso il Centro Nemo di Messina.
"Il centro di secondo livello più vicino era quello di Messina perché in Calabria non c’è nulla – dice rammaricato Sergio Carrozza -. La prima visita ha confermato i sospetti, così i medici hanno prescritto i farmaci e fissato visite ogni tre mesi. Si tratta di una malattia progressiva e i pazienti peggiorano sempre".
Adesso, il centro messinese è stato chiuso e così Sabina deve essere portata fino a Mistretta per sottoporsi al controllo periodico. Un viaggio lungo ben 4 ore, non la situazione ideale per una malata di SLA. Uno stress senza alternative, visto che l’alternativa sarebbe arrivare a Napoli.
"Sono trascorsi tre anni – aggiunge Sergio – e adesso mia moglie è con il ventilatore polmonare, non cammina, non fa praticamente nessun movimento, è completamente afasica e infatti ci aiutiamo con il puntatore oculare".
La TV è accesa, Sabina la fissa e ogni tanto guarda Sergio affinché la rassereni. Non vuole essere ripresa, lo fa capire chiaramente mentre guarda la videocamera con diffidenza.
"I medici ci hanno anche raccomandato cinque sedute di fisioterapia e tre di logopedia a settimana, ma purtroppo noi ne abbiamo solamente tre della prima e una dell’altra a settimana – chiarisce il marito di Sabina -. Purtroppo, quando non si sottopone alla fisioterapia, la notte mia moglie è preda di dolori lancinanti da contrazione. La logopedia – aggiunge – è fondamentale per evitare complicanze quali la polmonite ab ingestis perché si stimolano i muscoli della deglutizione".
Per questo motivo, Sabina deve mangiare, poco e spesso, dei cibi frullati e nel più totale silenzio, affinché lei possa concentrarsi sulla deglutizione. Sergio e, quando sono presenti, gli assistenti comunali sono sempre pronti con l’aspiratore e il macchinario della tosse per prevenire proprio la polmonite.
Un altro problema è rappresentato dall’appartamento. Situato al terzo piano di un condominio non servito da un ascensore, in caso di emergenza l’unico modo per trasportare Sabina è un lento montacarichi. Non la situazione ideale per una paziente con la SLA.
In tutto questo, pesano i ritardi della burocrazia relativi, in particolare, ai contributi destinati ai caregiver. Dopo un articolo pubblicato su una testata locale, la politica regionale ha iniziato ad interessarsi della storia di Sabina Radu con l’assessore alle politiche sociali della Regione Calabria, Tilde Minasi.
"A parole si stanno interessando tutti, nei fatti non ho ancora visto nulla di concreto – afferma con rammarico Sergio Carrozza -. L’assessore Minasi mi ha chiamato, le ho spiegato la situazione e lei mi ha rassicurato dicendo che avrebbero sbloccato questi fondi per i caregiver. A due mesi da quella chiacchierata, non è cambiato nulla, mi hanno detto che ci vuole tempo".
A questo punto, Sergio si innervosisce e sbotta:
"Come possono dire ‘ci vuole tempo'? Allora si è davvero ignoranti! Questa malattia non ha tempo e sta viaggiando più veloce del sistema burocratico. Questo non lo posso accettare. Con quel contributo, potrei pagare un OSS qualificato, di fiducia e scegliere di farlo venire a seconda delle necessità. Purtroppo, i fondi sono fermi a Catanzaro. Io non sto accusando nessuno, però sicuramente qualcuno sarà responsabile di questi ritardi. Non posso perdonare queste cose".
La speranza è che questi fondi siano presto messi a disposizione dei Comuni affinché i pazienti gravi possano usufruire del supporto che meritano.
"Datemi la possibilità di assistere mia moglie qui in casa – chiede Sergio con gli occhi colmi di pianto -, non chiedo altro".