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Guerra in Ucraina

Russia-Ucraina, la Rete Pace e Disarmo: “L’Italia sia neutrale, non siamo un protettorato Nato”

Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete Pace e Disarmo: “Essere alleati della NATO non significa esserne un protettorato. Chiediamo che l’Italia e l’Europa abbiano un ruolo di “neutralità attiva”, promuovendo una de-escalation della crisi”.
A cura di Davide Falcioni
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"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Così è scritto nell'articolo 11 della Costituzione, voluto dai "padri costituenti" come reazione ai massacri della prima e seconda guerra mondiale. Più volte, negli ultimi anni, il nostro Paese ha violato esplicitamente questa norma partecipando attivamente alle cosiddette "missioni di Pace" in Afghanistan e Iraq, oltre che bombardando la Libia di Gheddafi nel 2011. Non solo: da anni, nonostante la crisi economica, l'Italia investe miliardi in armamenti e il 2022 si annuncia come l'anno dei record. Secondo l’Osservatorio Mil€x, che ha esaminato l'ultima legge di bilancio, si stima che il Governo Draghi abbia approvato finanziamenti per 25,82 miliardi di euro in spese belliche. "L’aumento di 1,35 miliardi del Bilancio del Ministero della Difesa (+5,4%) traina la crescita della spesa militare italiana complessiva", secondo Mil€x. Insomma, anche l'Italia si è preparata alla guerra e la crisi tra Russia, USA e Ucraina rischia ancora una volta di trascinarci in un conflitto dagli esiti imprevedibili. Ne abbiamo parlato con Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo e cofondatore dell'Osservatorio sulle spese militari italiane Mil€x.

Potremmo essere alla vigilia di un conflitto alle porte dell'Europa. La partecipazione dell'Italia alle guerre in Afghanistan, Iraq e Libia cosa ci ha insegnato?
Cosa avrebbe dovuto insegnarci, semmai… Continuiamo a commettere lo stesso errore, quello di affidarci a soluzioni militari per risolvere crisi di altra natura. La guerra non ha funzionato in Afghanistan, tornato dopo 20 anni in mano ai talebani. Non ha funzionato neppure in Iraq, per non parlare poi della Libia. Noi proponiamo di risolvere le crisi partendo dalle esigenze delle popolazioni civili, nessuna delle quali vuole ritrovarsi in guerra, né piangere morti e mutilati, vivendo nella fame e nella povertà.

L'intervento militare in Afghanistan venne presentato come una "vendetta" dopo l'attentato alle Torri Gemelle; in Iraq si parlò di armi di distruzione di massa, rivelatesi poi inesistenti; in Libia la guerra servì a rimuovere il regime di Gheddafi, fino a quel momento ampiamente tollerato. L'assenza di un pretesto retorico da fornire all’opinione pubblica potrebbe stavolta scongiurare la guerra tra Russia e Ucraina?
È quello che tutti noi ci auguriamo. Dopo di che siamo ben consapevoli che ci sono dei problemi reali e che le politiche di Putin hanno rappresentato negli ultimi mesi una costante minaccia, ma ci domandiamo anche cosa sia stato fatto in questi anni: ricordo, tanto per fare un esempio, che nell'agosto del 2019 Trump ha stracciato il trattato Inf (Intermediate-range nuclear forces), firmato nel 1987 tra USA e URSS per mettere al bando i missili con un raggio tra i 500 e i 5.500 chilometri. Da tempo segnaliamo che l'Europa rischia di diventare un campo di battaglia e per questo abbiamo proposto, insieme a 60 premi Nobel, che vengano ridotte le spese militari, soprattutto in armi nucleari, investendo quelle risorse nella lotta al cambiamento climatico. Non siamo mai stati ascoltati e ora siamo nel cuore di un'emergenza che, tra l'altro, potrebbe avere ripercussioni anche sul tema energetico e sull'approvvigionamento di cibo, visto che l'Ucraina ha le più estese coltivazioni di grano al mondo. A nostro parere tutti i Governi che spendono per potenziare gli eserciti e per avere più armi negli arsenali (soprattutto testate nucleari) stanno creando condizioni di minaccia alla pace e alla sicurezza di tutti. Che siano gli USA, la Russia, la Cina o altri.

Nonostante la pandemia e la crisi economica le grandi potenze, Italia compresa, hanno continuato ad armarsi. Perché l'hanno fatto?
Quello degli armamenti è un comparto molto lucrativo e vantaggioso per tutti, sia economicamente che politicamente. Stare dalla parte dell'industria bellica garantisce una carriera migliore, permette di "riciclarsi" facilmente, sedendo ad esempio nei consigli di amministrazione di qualche industria di armi a fine carriera politica. Chiariamo che tutto ciò non apporta nessun vantaggio al Paese, come invece viene spesso ripetuto: il fatturato dell'industria militare vale meno dell'1% del Pil italiano, l'export è meno dello 0,7%, gli occupati sono lo 0,4%. Insomma, con le fabbriche di armi e le guerre guadagnano in pochi; chi avesse investito 10mila dollari nel 2001 in un'industria bellica dopo vent'anni di cosiddetta "guerra al terrorismo" se n'è ritrovati in tasca quasi 100mila, con una crescita del'872%. Non è un caso che il mondo del commercio delle armi sia responsabile di quasi il 40% della corruzione mondiale. Naturalmente se ci si arma molto, prima o poi si finisce anche per partecipare a una o più guerre…

Il presidente della Repubblica Pertini chiedeva di "riempire i granai e svuotare gli arsenali". Cos'è il disarmo che chiedete da anni?
Il nostro punto di riferimento politico è la nonviolenza, un sistema votato alla cooperazione e non alla distruzione. Quella che proponiamo è una "pace positiva", cioè un modello di sviluppo che garantisca diritti per tutti, uguaglianza e opportunità. In questo senso crediamo che il disarmo abbia una funzione strutturale: chi per decenni si prepara a fare una guerra armandosi, prima o poi finisce per scendere sul campo di battaglia. Gli stessi militari, che spesso sono molto più lucidi dei politici, ci raccontano di essere spesso inviati a realizzare interventi che non competono loro. Insomma, se si vuole la pace si deve preparare la pace: disarmarsi, smilitarizzare la nostra società, vuol dire ridurre drasticamente le opportunità per risolvere i conflitti ricorrendo alla guerra.

Cosa chiedete al governo italiano? 
Essere alleati della NATO non può significare esserne un protettorato. Per questo già nei giorni scorsi abbiamo chiesto che l'Italia e l'Europa abbiano un ruolo di "neutralità attiva", promuovendo una de-escalation della crisi senza schierarsi da una parte o dall'altra ma facendo quello che hanno fatto Macron e Scholz, promuovendo cioè l'apertura di tavoli di negoziazione tra Russia, Ucraina e Stati Uniti. Il nostro Paese non dovrebbe inviare mille Alpini, dovrebbe chiedere la smobilitazione delle truppe russe e alla NATO di fermare la sua espansione. Sul medio-lungo periodo va promosso un nuovo trattato Inf affinché non vengano dispiegati missili a medio raggio e promosso un vero disarmo nucleare.

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