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Uccise la figlia 18enne, dopo 20 anni trascorre il Natale fuori dal carcere

Nel 1993 Rosaria Quartararo, all’epoca 39enne, per gelosia uccise la figlia che aveva una relazione con un uomo più grande di cui si era invaghita anche lei. Condannata all’ergastolo, ha ottenuto per Natale un permesso premio.
A cura di S. P.
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Una donna condannata all’ergastolo per aver ucciso sua figlia e per averne nascosto il cadavere ha ottenuto ieri un permesso premio che le ha dato la possibilità di trascorrere il Natale fuori dal carcere. Si tratta di Rosalia Quartararo, nel 1993 uccise la figlia Maria Concetta Romano per gelosia. La donna, oggi sessantenne, ha potuto trascorrere dopo venti anni il giorno di Natale insieme a un’altra figlia in un’associazione di volontariato. Poi, allo scadere del permesso premio di 12 ore, la detenuta è tornata regolarmente dietro le sbarre nel carcere di Bollate. Venti anni fa la Rosalia Quartararo, all’epoca 39enne, uccise sua figlia a Pozzuolo Martesana (Milano) e ne nascose il cadavere in una roggia della bassa lodigiana. Ammazzò a bastonate la figlia 18enne dopo aver scoperto che aveva una relazione con un uomo molto più grande. Di quell’uomo, una guardia giurata di 50 anni, si era invaghita anche lei. La vittima e il suo amante, pur di stare tranquillamente insieme, avevano infatti illuso la donna facendole credere che quelle attenzioni del 50enne fossero destinate a lei.

Il commento dell’avvocato della donna – L’avvocato della condannata Gianluca Arrighi ha commentato il permesso premio: “Il presupposto essenziale per la concessione del beneficio è quello di aver manifestato durante la detenzione un costante senso di responsabilità e correttezza. Il magistrato di sorveglianza, nella decisione sulla concessione dei permessi premio, deve valutare, dopo aver sentito il direttore dell’istituto, se il condannato sia o meno socialmente pericoloso”. Il difensore ha sottolineato che eventuali errori non devono mettere in discussione l’utilità dei permessi premio, definiti “uno strumento fondamentale nel percorso di risocializzazione imposto dalla nostra Costituzione per ogni detenuto”.

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