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Rocco Hunt e Moreno diversi ma uguali

L’Hip hop è diventato una moda giovanile, come prova il successo dei due rapper, entrambi al vertice della Top ten italiana. L’uno meridionale, l’altro settentrionale hanno origini diverse ma in fondo si assomigliano e per questo piacciono.
A cura di Marcello Ravveduto
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Sono stato in un pub dell’hinterland campano incuriosito dalla novità: una serata dedicata al rap. Di solito in questi contenitori del divertissement giovanile gli eventi musicali sono dominati dal karaoke o dalle band rock, jazz e blues o ancora da gruppi che interpretano cover famosissime.

Qualcosa sta cambiando: ragazzi tra i 16 e i 25 anni si danno appuntamento in un locale per ascoltare loro coetanei che si alternano ritmando e rimando i pensieri della vita quotidiana. Un dj alla consolle e vari Mc che si scambiano il microfono improvvisando vertiginosi botta e risposta. L’unico dato che rimane costante, sin dagli anni Sessanta, è che sono i giovani a orientare i gusti musicali imponendo al mercato i loro consumi artistici.

Jovanotti è stato il primo a conquistare, alla fine degli anni Ottanta, la vetta con il rap, ma si trattava di un hip hop borghese segnato dall’ edonismo del secondo miracolo economico e dall’esplodere delle tv commerciali: le scorribande in moto e la voglia di libertà rappresentavano i tic di una generazione di paninari e figli di papà che godevano gli ultimi sprazzi di un benessere ormai prossima alla fine.

Ciononostante il Jovanotti maturo, dopo aver aperto i confini italiani al rap, si è posizionato nel tradizionale contesto melodico (senza rinnegare il passato, anzi aiutando a crescere una nuova leva di rapper), all’interno del quale i cantautori impegnati rappresentano un élite autorevole e riconosciuta.

Il rap del 2014, invece, è trendy e molto cool, più di una moda. Un’espressione generazionale collettiva che entra in conflitto con la società italiana rendendo pubblici i temi più scottanti: il trasformismo, la corruzione, il precariato, le mafie, la povertà, il disagio, il classismo, il razzismo, la politica politicante e molto altro ancora. Probabilmente i rapper sono gli unici veri rottamatori di una nazione in declino: abbattono con i proiettili delle loro parole i luoghi comuni e gli stereotipi dell’Italia paesana.

La conferma arriva direttamente dalla top ten dei cd più venduti: al primo posto Rocco Hunt con “‘A verità”; al secondo Moreno con “Incredibile. I due ragazzi hanno costretto un rocker di grosso calibro, Ligabue, ad accomodarsi al terzo posto.

Chi è Moreno? 

Prima di tutto a differenza di Rocco è settentrionale, canta sempre in italiano e usa con maggiore frequenza l’alternanza ritmo melodia, un genere cross-over che sta assumendo i connotati di un vero e proprio italian rap style.

È nato a Genova, da genitori meridionali, ventiquattro anni fa. È cresciuto, dunque, in una città deindustrializzata che ha subito una forte trasformazione sociale: il centro storico oggi non è più il quartiere della classe operaia ma il cuore pulsante di una variegata under class (immigrati, nuovi poveri, drop out). Basta questa osservazione per avere la prova della sua originalità.

Tuttavia, il fatto di aver raggiunto il successo grazie ad “Amici” (anche questo è un segno dei tempi perché prima di lui non era stato mai ammesso un rapper nel talent show) lo rende differente dal “Poeta urbano” la cui scalata alla notorietà è partita dai palazzoni anonimi della periferia meridionale.

Il sospetto è che Moreno sia l’ennesimo pollo allevato nella fattoria di Maria De Filippi dove ha ingurgitato vitamine di applausi, proteine di televoto e carboidrati di Auditel. Questo, però, non significa che il suo freestyle non sia valido; del resto anche Rocco Hunt, dopo la vittoria di Sanremo, sta abbandonando i lidi dell’hip hop più duro per vestire i panni della pop star generazionale.

A pensarci bene entrambi sembrano usciti da un musical Disney: poveri, arrabbiati e impazienti del successo. Partono da condizioni diverse ma giungono alla stessa meta e quindi si assomigliano. Il loro rap piace ai giovani perché rappresenta un modello sociale vincente che può essere emulato dando sfogo semplicemente alla rabbia interiore.

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