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Roberto La Barbera, campione paralimpico a 52 anni: “La mia nuova vita da amputato”

A quasi 53 anni, il campione italiano di atletica paralimpica si prepara a Tokyo 2020, che potrebbe essere la sua quinta paralimpiade in carriera, e si racconta a Fanpage.it: “Mi hanno amputato la gamba quando avevo 18 anni, ero un ballerino professionista, poi sono rinato grazie all’atletica. All’inizio mi dicevano già che non avevo più l’età, ma negli anni ho raggiunto numerosi record”
A cura di Beppe Facchini
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A quasi 53 anni, il “Barbaro”, com’è stato soprannominato da alcuni giornalisti diversi anni fa, non ha nessuna intenzione di fermarsi. “So che prima o poi arriverà quel momento e so che sarà come perdere la gamba una seconda volta. Ma per adesso mi piace continuare a migliorare. Quando smetterò di farlo, comincerò a pensarci” assicura Roberto La Barbera, uno dei più importanti ed esperti atleti paralimpici italiani. L’obiettivo di quest’anno è riuscire ad ottenere la convocazione per Tokyo 2020: potrebbe essere la sua quinta paralimpiade in carriera. Un risultato eccezionale cominciato ad inseguire tanti anni fa.

Nato ad Alessandria nel 1967, fino all’età di 18 anni Roberto era un astro nascente della danza professionistica italiana. “Mio padre mi ha portato in una sala da ballo da quando avevo 4 anni –racconta-, con mia sorella ho vinto di tutto”. Nel 1985, però, la sua vita è completamente cambiata. Dopo un’esibizione, Roberto ha avuto un terribile incidente in moto, dopo il quale gli è stata amputata una gamba. “L’ultima cosa che mi ricordo è io che urlavo in ospedale, vedevo soltanto ossa e muscoli fuori. Ho preso per un braccio un dottore ho l’ho stretto così forte che ha dovuto anestetizzarmi. Mi sono svegliato dopo 36 ore –continua-. Per un attimo ho pensato di essere rimasto in coma per trent’anni, i miei genitori erano irriconoscibili: la possenza di mio padre era sparita, così come la felicità che mia madre aveva negli occhi. Li avevo uccisi. Così la prima cosa che ho pensato è stata quella di non far veder loro che stavo male”.

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Lentamente, Roberto ha dunque cercato di ricominciare. Ha terminato gli studi, ha trovato un lavoro, si è fatto una bellissima famiglia e poi, “per dare sfogo al non poter più fare quello che facevo prima, mi sono buttato a capofitto nella palestra”. Tanti, tantissimi allenamenti. Anche perché lo sport è sempre stata una costante nella sua vita.

Nonostante le prime difficoltà, dopo aver visto in tv degli atleti amputati correre i cento metri, Roberto è riuscito a procurarsi una protesti per l’attività sportiva, diventando in breve tempo uno dei simboli della nazionale azzurra paralimpica. Tanti i successi nel palmares: medaglie a non finire fra pentathlon, salto in lungo (la sua specialità), lancio del disco e velocità e record uno dopo l’altro. Prima che anche il grande pubblico cominciasse finalmente ad appassionarsi anche alle gesta degli atleti paralimpici, Roberto era già in pista a sudare e a conquistarsi convocazioni in nazionale a suon di risultati strabilianti. Nel 2015 si è anche raccontato a Rolando Repossi in una biografia (“Roberto La Barbera. Storia di un ragazzo in gamba”) continuando ad impegnarsi, anche nelle scuole, come “modello per chi come me è stato sfortunato nella vita. Che poi –si corregge- le sfortune sono altre”.

“Se devo pensare alla mia vita precedente –continua Roberto La Barbera- l’unica differenza è che non posso più fare gare di ballo. Ma non mi sento assolutamente un disabile. Mi rendo conto che faccio cose ancora più importanti di quelle che facevo prima. La differenza fra me e un normodotato è che lui quando va a dormire si toglie le scarpe, io mi tolgo le scarpe e una gamba”. E quando è in tenuta da atletica riesce a fare cose straordinarie. Chissà che se ne riescano ad accorgere anche altri. “Vedere lo sperpero di soldi nel mondo del calcio, del basket, del golf o del tennis… ok, sono grandi campioni, però lo siamo anche io e i miei compagni di nazionale, ma con qualche difficoltà in più sicuramente. Le attrezzature, i costi per la protesi, di una carrozzina. Anche noi siamo dei professionisti –conclude-, anche noi riempiamo il cuore di tante persone con le nostre gesta atletiche”. Chi è interessato a dare una mano, si faccia avanti.

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