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L'omicidio di Roberta Ragusa

Roberta Ragusa, per il gip manca la prova che la donna sia stata uccisa

Le risultanze processuali “non consentono di ritenere raggiunta la prova dell’effettiva verificazione dell’omicidio”: è quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il gip di Pisa ha prosciolto Antonio Logli, marito della donna scomparsa nel 2012.
A cura di Susanna Picone
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Non c’è la prova che lei sia stata realmente uccisa né prove contro suo marito. Per questo il gip di Pisa il 6 marzo scorso ha prosciolto Antonio Logli, il marito di Roberta Ragusa, scomparsa dal 13 gennaio 2012 da San Giuliano Terme (Pisa). L’uomo era accusato di aver ucciso la moglie e di averne distrutto il cadavere ma per il gip quelle contro Logli sarebbero “testimonianze deficitarie”. Le risultanze processuali – è quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il giudice per le udienze preliminari ha prosciolto Logli – “non consentono di ritenere raggiunta la prova dell’effettiva verificazione dell’omicidio”. “Insussistenza dei fatti contestati – scrive il giudice – apparendo gli elementi acquisiti agli atti insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l'accusa in giudizio e nel contempo non impinguibili mediante l'istruttoria dibattimentale”. Per quanto riguarda le “testimonianze deficitarie” il giudice si riferisce in particolare alle dichiarazioni di Loris Gozi, della moglie Anita Gombi, Silvana Piampiani e Filippo Campisi. Per il giudice esse palesano la “loro contraddittorietà e in certi casi inverosimiglianza e sono insufficienti a integrare la prova” di una lite tra marito e moglie che sarebbe sfociata nell'omicidio di Roberta Ragusa.

Perché non si può processare il marito Antonio Logli

Per il giudice le parole del testimone Gozi, che ha detto di aver assistito a un violento litigio vicino casa sua, “sono palesemente insufficienti anche a prescindere dalle molteplici reticenze e discordanze da cui appaiono connotate a integrare la prova dell'avvenuta uccisione di Roberta Ragusa” e si limitano a rappresentare “un alterco tra un uomo e una donna non meglio identificati, seguito dal caricamento di quest'ultima su un'auto (forse un Citroen C3) di colore chiaro di cui non è stato neppure identificato il numero di targa e, di conseguenza, il proprietario”. Infine secondo il giudice nei confronti di Antonio Logli non si può “addivenire alla pronuncia di sentenza di condanna al di là di ogni ragionevole dubbio per l'insufficienza e non univocità degli elementi e per di più in mancanza del rinvenimento del corpo privo di vita”.

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