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Rob Lawrie, l’uomo colpevole del reato di solidarietà

Rob Lawrie aveva aiutato una bambina di 4 anni rinchiusa nell’inferno del campo profughi di Calais a raggiungere la sua famiglia che stava (regolarmente) a Leeds. Il quarantanovenne inglese aveva detto di no decine di volte al padre supplicante ma una sera non ha resistito. Ed è stato arrestato alla frontiera. Ora, la giustizia francese gli ha comminato solo una multa. Niente carcere per il «reato di solidarietà».
A cura di Giulio Cavalli
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Rob Lawrie è un ex militare, ha 49 anni e il fisico possente di chi si è allenato alla forza per mestiere. Eppure quando sorride Rob ha la luce dei buoni, di quelli che sia bassi sia alti sia bianchi sia neri e qualsiasi lingua parlino conoscono comunque bene il senso dell'offrirsi, del rendersi utili per gli altri e del dare un senso al proprio tempo.

Rob ha deciso di partire da Leeds e, dopo essere stato istruttore nell'esercito inglese, ha voluto affrontare un'altra giungla: "the jungle" è il nomignolo con cui viene chiamato il campo profughi di Calais, la cittadina francese che si affaccia sul mare e vede l'Inghilterra dalla costa. "The jungle", come molti campi profughi sparsi in giro per l'Europa, è un recinto di diritti umani sospesi e dolore e frustrazione: un dolore che i volontari cercano ogni giorno di lenire, e Rob con loro.

Nel campo di Calais Lawrie conosce Behar Ahmadi, una bambina di quattro anni rimasta "incastrata" nel campo profughi mentre il resto della famiglia risiede regolarmente a Leeds, dall'altra parte della Manica, con il padre agricoltore. In questa Europa dai confini irrazionali succede che il pendolare Rob incroci il padre che chiede notizie della figlia e la sera stessa la bambina che si addormenta chiedendo le novità sulla sua famiglia al di là del mare. E in mezzo, tra una famiglia senza figlia e una figlia senza famiglia oltre al mare c'è Rob come cordone ombelicale. Ron Lawrie, con la la sua malattia, un matrimonio fallito alle spalle e una depressione che l'aveva portato a pochi passi dal suicidio, ha deciso che avrebbe fatto ciò che riteneva giusto.

Così una sera, aspettando che i 3000 uomini "sospesi" del campo si addormentassero ha preso la bambina ed è partito con la sua auto, sfidando i confini, in direzione del padre di Behar. Sarebbe stata una storia buona per un documentario tra vent'anni se non fosse che i cani della dogana hanno "annusato" il passeggero nascosto e per Rob sono iniziati i guai. Era il 25 ottobre del 2015. La corte francese ha chiesto una condanna che poteva arrivare fino a 5 anni di prigione e 30 mila euro di multa ma il "reato di solidarietà" di Rob Lawrie ha mosso la comunità internazionale: migliaia di firme, appelli, interventi per chiedere alla legge di riconoscere il "giusto" che a volte si infila nelle pieghe delle regole. Importante: Rob non ha preso soldi ovviamente per il trasbordo della bambina anche perché di soldi, il padre agricoltore, semplicemente non ne ha.

Il giorno della sentenza sono arrivati tutti insieme: lui, la bambina con suo padre, gli avvocati e una folla di persone che volevano toccare con mano fin dove si poteva spingere la barbarie e il giudice francese ha condannato Rob Lawrie semplicemente per un'infrazione stradale (la mancanza di cinture per la bimba) riportando la questione all'altezza del cuore. «Sono felice» ha dichiarato l'ex soldato ai giornalisti «sono arrivato rischiando il carcere e esco con una semplice multa. Forse la giustizia francese ha voluto lanciare un segnale di compassione» E poi ha ricominciato a sorridere con quella stessa luce. «Avevo detto di no a suo padre decine di volte ma quella sera, guardandola mentre si addormentava ho pensato che questa separazione non avesse senso». Già. In questo tempo dove si rischia il carcere per il reato di solidarietà. Appunto.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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