Avevano inscenato per le vie del centro un finto funerale in occasione della seconda unione civile, nel 2017, tra due gay a Cesena e per questo, lo scorso ottobre, il Tribunale di Forlì aveva rinviato a processo dieci degli undici militanti di Forza Nuova protagonisti della sceneggiata. Ad uno di loro, invece, i giudici forlivesi hanno concesso la messa alla prova, tramutando la pena in lavori socialmente utili, cominciati lo scorso 13 febbraio con la tinteggiatura di alcuni fabbricati del cimitero urbano di Diegaro, a Cesena, mentre oggi l’uomo si è recato nella sede di Arcigay di Rimini, per effettuare lo stesso genere di lavoro. L’associazione, insieme al Comune di Cesena, si è infatti costituita parte civile nel processo.
“Anche simbolicamente oggi si copre un torto effettuato, lo si cancella e si riparte da zero – spiega il presidente di Arcigay Rimini, Marco Tonti -. Lo si fa in un centro antidiscriminazione, gestito da noi, e questo ci fa essere molto soddisfatti del fatto che si sana una cosa sbagliata e si fa un passo avanti per un modo civile di convivere”.
La notizia della ritinteggiatura della sede riminese dell’associazione ha però attirato l’attenzione di numerosi giornalisti, arrivati in mattinata sul posto. Alla loro vista, però, l’uomo, un 57enne che nel frattempo ha abbandonato le fila della formazione di estrema destra, dissociandosi dal movimento (ma non dal corteo del 2017) non ha voluto né rilasciare dichiarazioni e neanche farsi fotografare o riprendere dagli operatori giunti sul posto. Rintanatosi in una stanza, ha inoltre avvertito le forze dell’ordine, con alcuni poliziotti intervenuti a supporto di alcuni agenti della Digos che stavano comunque monitorando la situazione, stando attenti ad evitare che arrivassero militanti rossi o neri nei paraggi. Al loro posto sono invece giunti i giornalisti, appunto, identificati dagli agenti di Polizia al termine di una mattinata movimentata a pochi chilometri dal centro di Rimini.
“Penso sia importante questo gesto di rimbiancare, di riportare alla luce quello che invece è l’animo umano, che non è di sicuro fatto per gesti di odio e di violenza” ha detto la vicesindaca di Rimini, Gloria Lisi, arrivata anche lei nella sede di Arcigay, ma solo per salutare e ringraziare l’uomo della sua scelta. Nessuno, infatti, era giunto al centro antidiscriminazione per costringere il 57enne ad un’inutile e controproducente gogna mediatica. Ma evidentemente il messaggio non è arrivato in modo chiaro al diretto interessato.
L’episodio che ha portato ai lavori socialmente utili di uno dei protagonisti del finto funerale risale esattamente al 5 febbraio 2017, all’indomani dell’approvazione del ddl Cirinnà, coi militanti di Forza Nuova che inscenarono un vero e proprio corteo funebre per le vie del centro della città romagnola. In seguito, anche i due giovani cesenati che si erano uniti civilmente si sono costituiti parte civile nel procedimento. “Per fortuna non hanno subito ma hanno denunciato” sottolinea ancora la vicesindaca Lisi.
Mentre tutti gli altri imputati nel processo sono stati rinviati a giudizio sono attualmente in attesa della prima udienza al Tribunale di Forlì, il prossimo 15 aprile, l’unico ad aver chiesto ed ottenuto la messa alla prova fra i manifestanti dovrà invece terminare le otto ore di lavori socialmente utili nella sede di Arcigay (dopo le sei al cimitero cesenate), con la verifica di questi ultimi attesa per il 26 febbraio. “Se tutto andrà bene ci sarà il non luogo a procedere” aggiunge la vicesindaca. “Se si è pentito? Non sono io a doverlo dire –continua- lo auspico. Perché se fosse vista come una messa alla prova solo per evitare un processo, questo non avrebbe prodotto un granché. Il pentimento arriva dopo che uno si rende conto di aver sbagliato davvero. Magari in questi giorni, con la sua coscienza, ci sarà il suo ravvedimento”.
“Un’altra cosa importante è che per la prima volta abbiamo un processo con diversi esponenti di Forza Nuova imputati col capo di imputazione che è di propaganda e discriminazione razziale -conclude l’avvocato Christian Guidi-. La tesi che la discriminazione razziale possa includere anche l’omofobia è stata per la prima volta in Italia presa in considerazione dalla procura, con un gip che ha recepito questa linea. Vediamo cosa deciderà il collegio del Tribunale di Forlì”.