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Rimini, bimbo di 5 anni cacciato dal parco: “Sei nero, fai schifo. Vattene”

Il bambino è stato insultato da un gruppo di ragazze di 13 anni, che gli hanno detto: “Che schifo, sei nero, con te non gioco, vattene via”.
A cura di Davide Falcioni
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Il male del razzismo rischia di attecchire anche tra i bambini: alla triste lista di episodi discriminatori che vedono protagonisti quasi quotidianamente adulti e richiedenti asilo, e alla serie di dichiarazioni contro l'accoglienza e il soccorso di esseri umani in mare da parte di esponenti del governo, si aggiunge un episodio preoccupante avvenuto a Rimini, dove un bambino di appena cinque anni che era andato al parco a giocare insieme ai fratelli più grandi è stato insultato per il colore della sua pelle da un gruppo di ragazze: "Fai schifo, sei nero, vai via da qui". Il bambino è stato difeso dai suoi fratelli maggiori, che poi hanno preferito allontanarlo per evitare nuovi insulti razzisti.

A raccontare il gravissimo episodio è il Corriere di Romagna, che ha raccolto la testimonianza della madre del bimbo: "Mio figlio di cinque anni e i suoi due fratellini di undici e tredici anni stavano giocando come accade spesso tra di loro e con altri amici. Purtroppo per loro però hanno trovato un gruppetto di ragazzine, circa 13 anni, che non ha gradito la presenza di mio figlio, per il colore della sua pelle". Le ragazze hanno detto al bambino: "Lì non puoi stare perché sei nero”, ma anche “Che schifo, sei nero, con te non gioco, vattene via”.

Dopo aver appreso quanto accaduto la madre del bambino ha cercato spiegazioni andando a parlare con i genitori delle ragazze: "Loro sono piccole e magari non hanno neanche colto la gravità di quello che hanno fatto. Ma ciò che mi ha fatto più rabbia è quello che è successo dopo, quando sono andata dai loro genitori. Volevo che spiegassero anche loro che un bimbo di cinque anni non può essere allontanato da un parco giochi per il colore della sua pelle". La riposta dei genitori delle ragazze? "Mi hanno detto che non dovevo ingigantire e che in questa società sempre più multietnica bisognava abituarsi a questo tipo di situazioni".

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