Rigopiano un anno dopo, parla il papà di una delle vittime: “Il tempo non guarisce niente”
È passato un anno dalla tragedia di Rigopiano: il 18 gennaio 2017 una slavina si è staccata dal monte Siella, nel Parco del Gran Sasso, e si è abbattuta sull'hotel Rigopiano di Farindola, in Abbruzzo. Il bilancio di quel disastro è drammatico: dopo giorni, in cui i soccorritori hanno effettuato una vera e propria corsa contro il tempo per salvare i 40 ospiti della struttura sommersi dalla massa gelida di neve, viene ufficializzato che sono 29 le vittime accertate e solo 11 i superstiti. Una vicenda che ha tenuto tutta l'Italia con il fiato sospeso e che di certo si può annoverare tra i fatti più importanti dello scorso anno. Lo sa bene Mario Tinari, papà di Jessica, estetista 24enne di Vasto, deceduta sotto le macerie dell'albergo, dove era in vacanza con il fidanzato Marco Tanda, morto anche lui. Ai microfoni di Fanpage.it ha provato a ricostruire quegli ultimi concitati momenti prima di perdere le speranze di ritrovare sua figlia viva.
"Mi diceva che c'erano state delle scosse di terremoto, ma che poi sono andati alla spa a fare il bagno – ricorda Mario -. Rideva perché diceva che una di queste aveva fatto smuovere un po' di neve, che poi è caduta in testa a Marco. Il giorno seguente mi mandò delle foto per farmi vedere quanto fosse alta quella coltre. L'ultima cosa che mi ha scritto è che stavano aspettando che la turbina li liberasse per poter tornare a casa, intorno alle 16:20 di quel mercoledì 18 gennaio. Da allora non ho saputo più niente. Non abbiamo mai perso la speranza di ritrovarla sana e salva, poi il 25 gennaio ci hanno chiamato per comunicarci che i nostri ragazzi non ce l'avevano fatta. In quel momento è finita la nostra storia".
Nonostante Jessica non ci sia più, il papà ha voluto mantenere una promessa che le aveva fatto quando era ancora in vita: ha adottato un cucciolo di pastore abruzzese. "In quei giorni le diedi la mia parola – continua Mario -: prenderò un cagnolino per farle trovare una sorpresa quando tornerà a casa. La mia bambina non è più tornata, ma il cucciolo l'ho preso lo stesso". Così nella vita della famiglia Tinari c'è ora un amico a quattro zampe che aiuta a sopportare l'assenza incolmabile della loro ragazza. Il cane è uno dei tre salvati proprio nell'inferno di neve di Rigopiano, recuperati tra le macerie di un locale attiguo a quello caldaie.
"Il nome gliel'ha dato Jessica – dice ancora Mario -, anche se lei non c'era più fisicamente. Mi ricordo che vidi sul suo profilo Facebook la foto di un maestoso pastore abruzzese, con la scritta "Golia, il guardiano di Campo Imperatore". Feci vedere quell'immagine alla proprietaria dei cani, che mi disse che questo nello scatto era il nonno del cucciolo che avevo adottato. Per questo, abbiamo deciso di chiamarlo Golia. Per noi è un simbolo di vita dopo la tragedia di Rigopiano". Tuttavia, Mario non riesce ancora a superare il terribile lutto che l'ha colpito: "Dicono che il tempo guarisce le ferite, ma non è vero niente – conclude -. Col tempo anzi si accentuano, perché all'inizio sembra di vivere in un incubo, di stare in un film. Poi si comincia a rendersi conto che queste persone non torneranno più e allora la situazione diventa drammatica e pesante. Io vorrei che ciò che è successo a noi sia da esempio e che queste cose non accadano più. Non si deve correre ai ripari a disastri già avvenuti, ma prevenirli".