Richieste assurde che ti possono capitare al lavoro se sei un precario

Sette domande che il tuo capo potrebbe rivolgerti al lavoro e che non si sognerebbe mai di fare se fosse onesto.
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A cura di Redazione
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Lavori. Certo, sai che puoi essere licenziato da un momento all’altro, sai che non hai le “ferie”, sai che la domenica a volte è come il lunedì, sospetti che fare figli sia un rischio e sai con certezza che ogni rinnovo di contratto è un’offerta che non potrai rifiutare. Però lavori e, forse, tra un anno, dieci o venti, ti “metteranno a posto”. Forse mai, perché l’azienda fallirà 24 ore prima di proporti il contratto a tempo indeterminato. Ecco, questa situazione, che si regge su disoccupazione e tolleranza verso un regime contrattuale irregolare, è quella che vivono molti lavoratori millennials. Operai, impiegati e giovani manager conoscono oggi pretese, sforzi e preoccupazioni estranee ai loro genitori. Vediamo le situazioni-tipo più frequenti.

1. Puoi trattenerti un po’?

Nulla di male se capita una tantum: il lavoratore può condividere con l’azienda molto più di un’utilità chiamata “stipendio”, ma se la richiesta è pressoché puntuale, tanto da non necessitare nemmeno più di essere espressa, allora c’è qualcosa che non va nell’organizzazione lavorativa. Nelle aziende moderne perché mai affrontare “di petto” le inefficienze? Chiedi al precario di mettere una pezza e questi sarà ben felice di fare – non già “straordinario” – ma beneficenza!

2. Hai mangiato, vero?

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I bisogni primari rappresentano a tutti gli effetti un momento di improduttività e così ad ora di pranzo potrebbe capitare che ci sia un’ “urgenza ciclica” che porta sulla tua scrivania un task che ti impegnerà per almeno un’ora o due. Pranzare ad ora di pranzo? Suvvia, quali bassi e meschini bisogni!

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3. Intende fare figli?

Domanda tristemente discriminatoria, che può essere rivolta a una donna in sede di colloquio o durante il rapporto lavorativo, talora anche in maniera meno brusca, facendola precedere da un altro interrogativo: “Come si vede tra 5 anni?”. “Tra 5 anni? Non tema: precaria, sfruttata e con le ovaie rassegnate all’atrofia”.

4. Puoi sposare la mia amante?

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D’accordo, è un caso limite, ma abituandoci all’assurdo potremmo anche realizzare la pretesa che dà il via alla divertente trama della commedia “Il Tuttofare”. Qui un avvocato (Sergio Castellitto) a capo di un prestigioso ufficio legale “offre” un contratto da 10.000 euro al mese a quello che, prima di superare il concorso per l’avvocatura, era il suo giovane praticante. In cambio il ragazzo dovrà sposare l’amante del capo, una ragazza argentina che ha bisogno della cittadinanza italiana.

5. Può trattenersi un’altra settimana?

Alla scadenza naturale del contratto tu, illuso, attendi il rinnovo. Magari confidi, oh miserabile fanciullo incapace di distinguere fiaba e realtà, in un contratto a tempo indeterminato. Quando il capo ti convoca, lui ti chiede gentilmente di prolungare la tua collaborazione per un’altra settimana, perché necessita di tempo per riorganizzarsi (ossia assumere un altro stagista). Come resistere alle lusinghe del capo, che in cambio promette una segnalazione benevola su quei social network professionali, abitati da disoccupati e squali?

6. Niente a pretendere, vero?

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Non è che debba sempre finire male, eh. Invece della settimana extra, il capo potrebbe proporti un rinnovo di contratto, a patto che firmi un accordo di conciliazione. Nella sala troverai il dirigente e un rappresentante sindacale di una sigla mai sentita e inclusiva di tutte le categorie professionali, tipo “Unione sindacale operai, impiegati, braccianti, pirati, parà e pensionati”. Questo tizio che non conosci, che non sa niente di te, che manco sa chi sia il manager e chi l’impiegato, ha contrattato una clausola van-tag-gio-sis-si-ma che stabilisce che avrai 600 euro, se non porterai mai in tribunale il tuo capo per quei cinque anni di straordinari e responsabilità non pagate, che, in sede civile, gli costerebbero almeno 60.000 euro.

7. Facciamo che sei part-time?

“Lavorerà 40 ore settimanali, ma da contratto ne saranno 20”: quante volte al giorno questa frase fa vibrare le pareti di un ufficio? Quante volte, innanzi all’umanità, tale semplice formula ha testimoniato l’italico genio di una repubblica fondata sul part-time!

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