Richeldi: “Curare i pazienti Covid con l’eparina? Ipotesi plausibile che deve essere provata”
Tra i farmaci al vaglio di Aifa e comunità scientifica da utilizzare per combattere il Coronavirus c'è anche un anticoagulante. Si tratta dell'eparina a basso peso molecolare che "alcune fonti indicano come utile nella cura di Covid-19". Da alcuni riscontri autoptici, infatti, risulterebbe che una buona parte dei decessi dei pazienti affetti dall'infezione causata dal nuovo virus è dovuta in realtà a trombosi diffusa. In altre parole, la morte non sopraggiungerebbe tanto per insufficienza polmonare grave, quanto per eventi tromboembolici, problemi che sono legati a un danno da parte del virus sull’endotelio basale e alveolare del polmone, che possono essere arginati proprio con l'uso dell'eparina. Addirittura, uno studio inglese segnalerebbe la riduzione fino al 20% della mortalità fra i malati Covid-19 con un marcato aumento di un indicatore di presenza di coaguli del sangue, grazie all’uso di questo farmaco.
Sulla questione è intervenuto anche Luca Richeldi, direttore di Pneumologia al Policlinico Gemelli di Roma e membro del comitato tecnico-scientifico che affianca il governo nel corso dell'emergenza Coronavirus. Lo ha fatto a margine del punto stampa di oggi presso il Dipartimento della Protezione civile rispondendo alla domanda di un giornalista che ha chiesto quanto l'uso dell'eparina per sconfiggere il Covid-19 sia una notizia fondata. "Si sono cominciati a fare riscontri autoptici sui pazienti e in alcuni di loro, se non in buona parte, si è visto che ci sono delle microtromboembolie a livello polmonare – ha spiegato Richeldi -. Si tratta di un riscontro abbastanza frequente nei pazienti che decedono nelle terapie intensive tanto è vero che i nostri intensivisti utilizzano l'eparina a basso peso molecolare come strumento profilattico con tutti coloro che vengono ricoverati".
Tuttavia, è ancora presto per dare un giudizio netto sulla validità o meno di questo tipo di farmaco. "Se in questa infezione da Coronavirus ci sia un'aumentata frequenza di fenomeni tromboembolici – ha aggiunto Richeldi – è una cosa che ancora non sappiamo. Aifa ha pubblicato uno studio in cui analizza i dati che sono emersi e raccomanda e stimola la sottomissione di ulteriori ricerche controllate per verificare questa ipotesi. Ancora una volta fidiamoci delle istituzioni e del metodo scientifico. L'Aifa è pronta a ricevere proposte di studi sull'utilizzo di farmaci anticoagulanti in questa patologia che ovviamente devono essere regolati e controllati al fine di dare un riscontro certo a questa ipotesi. Dunque, al momento altro non è che un'ipotesi che richiede una prova".