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Ricercatrice uccisa a Ginevra, dubbi su rapina: “Valentina Tarallo conosceva l’assassino”

Secondo alcuni giornali locali, la polizia elvetica starebbe seguendo una nuova pista sul caso ipotizzando che vittima e assassino si conoscessero.
A cura di Antonio Palma
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L'omicidio di Valentina Tarallo, la ricercatrice italiana uccisa lunedì sera a Ginevra mentre stava rientrando a casa, potrebbe non essere riconducibile ad una rapina finita male come ipotizzato inizialmente, ma opera di un uomo che Valentina conosceva. È la nuova ipotesi al vaglio degli investigatori elvetici secondo quanto rivelato da alcuni media locali come Tribune de Geneve. Secondo la nuova ipotesi investigativa quindi l'omicida, tuttora ricercato, non sarebbe un balordo che l'avrebbe presa di mira per impossessarsi della borsetta della 29enne, ma un uomo a lei noto, forse addirittura un suo ex. Ad avvalorare l'ipotesi che vittima e assassino si conoscessero il fatto che vicino al corpo della 29enne la polizia avrebbe trovato lo zaino e il portafogli.

Secondo il giornale ci sarebbe addirittura un sospetto, si tratterebbe di un giovane africano con cui la ricercatrice avrebbe avuto una relazione in passato anche se "c'è la massima cautela su questo aspetto, per una questione di evidente delicatezza" sottolineano i giornalisti locali. Sempre secondo le stesse fonti, in particolare la polizia svizzera starebbe cercando un uomo di colore tra i 20 e i 30 anni, alto circa un metro e ottanta.

Secondo alcune testimonianze riportate dal quotidiano locale Le Matine, la ragazza sarebbe stata colpita alla testa con una spranga, "una specie di piede di porco" come "la gamba di un sedia, di metallo, di lunghezza tra 60 e 70 centimetri" che poi "i poliziotti hanno preso e messo in un sacchetto di plastica". La giovane italiana è stata trovata riversa a terra accanto alle auto parcheggiate a bordo strada con il cranio fracassato e per lei sono stati inutili i soccorsi e il trasporto all’ospedale cantonale dove è morta per le gravi ferite riportate. Intanto i familiari, che si trovavano in Puglia, dopo essere stai avvertiti dai carabinieri sono subito partiti per la Svizzera per riportare la salma della giovane ricercatrice a casa a La Loggia, nel Torinese, dove risiede la famiglia.

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