Chissà la sensazione dei suoi genitori, Massimiliano e Mara, quando l'hanno visto con la medaglia d'oro al collo. Chissà se non hanno ripensato a tutte le operazioni, gli ospedali, le diffidenze, gli scogli e i quotidiani tormenti di chi si ritrova, per l'amore di suo figlio, a dovere fare i conti con una di quelle malattie rare che qui da noi spesso significano isolamento, carte bollate e speranze martellate tutti i giorni per tenerle salde.
Riccardo Savio ha tredici anni, vive a Parabiago, vicino Milano, ed è affetto dalla nascita dalla Sindrome di Apert, un disordine genetico causato da una mutazione nel cromosoma 10 che provoca diverse anomalie a livello mentale, fisico e cognitivo; nella vita ha subito diversi ricoveri ospedalieri che non hanno evitato, a lui e alla sua famiglia, di vivere momenti intensi e felici nonostante le difficoltà. Fino a un anno fa Riccardo non aveva mai provato a cimentarsi nelle gare di corsa; solo in seconda media la sua scuola gli ha proposto di partecipare alle Olimpiadi scolastiche negli 80 metri. E Riccardo ha iniziato a correre e non si è fermato più: campione provinciale, poi campione regionale e infine campione nazionale nei diciannovesimi Campionati nazionali CSI di Corsa Campestre che si sono tenuti nelle scorse settimane a Cesenatico.
“Qualche mese prima dei Nazionali – racconta papà Massimiliano in un'intervista a Tuttosport– Riccardo non aveva potuto partecipare al Campionato Scolastico Nazionale di Roma in quanto la scuola non era economicamente in grado di sostenere la trasferta, ma nonostante la delusione iniziale ha continuato a correre ed, anzi, ha chiesto di essere iscritto in una società di Atletica Leggera.” Ma non c'è solo la medaglia, da portare a casa: "Siamo rimasti colpiti dall'affetto e dalla simpatia che tutti i suoi compagni di squadra gli hanno rivolto fin da subito – spiega il padre Massimiliano -: per la prima volta in vita sua Ricky si è sentito parte di un gruppo. I ragazzi lo chiamavano, gli stavano vicino, lo coinvolgevano e sostenevano. Ora Riccardo è felice, si allena con piacere e lui, che era così cagionevole di salute, non si è mai ammalato in tutto l'inverno! Ovviamente si rattrista, se una gara va male, ma né da parte della società né da parte nostra c'è alcun tipo di stress. La corsa per Riccardo è semplicemente un dolce antidoto alla propria malattia.”
«Correre è lo spazio aperto dove vanno a giocare i pensieri», scrive Mark Rowlands, e Riccardo ha trovato il suo giardino e il suo sorriso. Che non può non essere contagioso.