Resti umani nell’ex diga, mistero risolto: sono del nipote del boss Mulè, scomparso nel 2006
È arrivata la svolta sul caso dei resti ossei ritrovati nella ex diga Garcia, nel Palermitano. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Monreale, dopo gli accertamenti tecnici del Reparto investigazioni scientifiche (Ris) di Messina, sono riusciti a risalire all'identità della persona, i cui resti furono rinvenuti nella ex diga Garcia nel dicembre del 2020.
Apparterrebbero a Salvatore Mulè, scomparso da Camporeale il primo febbraio 2006. Secondo quanto riporta Il Giornale di Sicilia, la famiglia di Mulè, nato il 4 ottobre del 1960, aveva presentato in tribunale la richiesta di morte presunta il 27 ottobre del 2016.
Mulè, hanno ricostruito gli investigatori, potrebbe essere stato vittima di un caso di ‘lupara bianca' (termine utilizzato per indicare un omicidio di mafia che prevede l'occultamento del corpo di una persona assassinata, ndr), riconducibile ai trascorsi criminali di Mulè e ai rapporti che legavano quest'ultimo a esponenti della malavita organizzata.
Allevatore di animali e pluripregiudicato, Salvatore era nipote del boss Rosario Mulè, affiliato del clan mafioso di Camporeale, detto ‘Manuzza', morto nel 2014.
La scomparsa di Stefano e Antonio Maiorana
Nel febbraio 2021 era emersa l'ipotesi che i resti ritrovati nella diga Garcia potessero appartenere a Stefano e Antonio Maiorana, imprenditori scomparsi il 3 agosto del 2007.
Ma gli esami sui cadaveri effettuati dagli esperti del Ris dei Carabinieri incaricati allora dalla Procura di Termini imerese che indagava sul caso avevano escluso questa eventualità.
Già all'epoca dalle analisi era emerso che le ossa rinvenute grazie all'abbassamento del livello dell'acqua alla diga risalivano all'inizio degli anni Duemila, quindi ben prima della scomparsa dei due uomini, che erano padre e figlio.
Al tempo le speranze degli inquirenti di essere arrivati a risolvere il giallo si erano spente. Oggi però è arrivata quella che sembra essere la svolta definitiva.