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Reggio Calabria, investe con l’auto due persone dopo una lite e ne uccide una: arrestato pregiudicato

Si tratta di Francesco Sapone, 42enne pregiudicato. L’uomo, nella notte tra mercoledì e giovedì, ha travolto un 27enne di origine marocchine, ferendo anche un’altra persona, dopo una lite in località Pellaro di Reggio Calabria.
A cura di Biagio Chiariello
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immagine di repertorio
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La polizia ha rintracciato e arrestato l'uomo che nella notte tra mercoledì e giovedì a Reggio Calabria si era dato alla fuga ieri dopo aver volontariamente travolto e ucciso un 27enne marocchino, Moussine El Rhannaoui, nel piazzale del distributore di carburanti Q8 sito in località Pellaro.

Si tratta di Francesco Sapone, 42enne pregiudicato. Gli agenti della Squadra Mobile della Polizia di Stato sono riusciti ad individuarlo in seguito al ritrovamento della macchina usata per investire la vittima che era in compagnia di un ragazzo italiano rimasto ferito nell'incidente.

Il personale della Squadra mobile di Reggio Calabria, diretta da Alfonso Iadevaia, ha effettuato, insieme alla Polizia scientifica, i rilievi sul luogo dei fatti ricostruendone la dinamica anche attraverso le immagini riprese dalle telecamere installate nell’area della stazione di servizio.

Pare che Sapone abbia investito i due giovani al culmine di una lite avvenuta per futili motivi, provocata, stando a quanto emerso dalle indagini, anche dallo stato di ebbrezza alcolica delle persone coinvolte.

Il 42enne è stato rintracciato a Motta San Giovanni sorpreso da una pattuglia delle Volanti mentre si trovava per strada, intento a rinfrescarsi a una fontanella pubblica. Non ha opposto alcuna resistenza ed è stato, quindi, arrestato dalla squadra mobile: è stato condotto nel carcere di Arghillà, in attesa della convalida del Gip, con l'accusa di omicidio.

Sapone è già noto alle forze dell’ordine perché ritenuto vicino ad alla cosca di ‘ndrangheta Ficara-Latella di Pellaro.

Nel 2011 era stato arrestato nell’ambito dell’operazione, denominata “Reggio Sud”, contro la ‘ndrangheta. Condannato in primo grado a 8 anni di reclusione, con l’accusa di essere l’armiere della cosca, fu assolto in appello.

Quattro anni prima era stato già fermato perché durante una perquisizione gli erano state trovate in casa alcune armi, oltre ad un “rituale” di affiliazione alla ‘ndrangheta.

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