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Omicidio Giulio Regeni

Regeni, la beffa degli oggetti restituiti dall’Egitto: non sono suoi e non ci sono i vestiti

Gli oggetti restituiti dall’Egitto sembrano l’ennesima beffa perché in gran parte non sono nemmeno collegabili al caso di Giulio Regeni. Si tratta di quegli stessi oggetti mostrati in alcune foto dopo il blitz ai danni di cinque malviventi che per lungo tempo le autorità egiziane hanno cercato di far passare come i responsabili dell’omicidio.
A cura di Antonio Palma
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Potevano essere la svolta della tanto promessa collaborazione da parte dell’Egitto sul caso di Giulio Regeni ma gli oggetti fatti recapitare dalle autorità del Cairo alla famiglia dello studente italiano, ucciso barbaramente 4 anni fa nel Paese nordafricano in circostanze mai chiarite, in gran parte non appartengono a Giulio. A parte i documenti di riconoscimento che erano già stati consegnati alla famiglia, infatti, dagli ultimi invii è emerso che mancano proprio le cose principali chieste da tempo e senza esito dai genitori di Regeni come gli indumenti del figlio. Gli oggetti restituiti sabato in realtà sembrano l’ennesima beffa perché in gran parte non sono nemmeno collegabili al caso di Giulio.

Come racconta Repubblica, si tratta di quegli stessi oggetti mostrati in alcune foto dopo il blitz ai danni di cinque malviventi che per lungo tempo le autorità egiziane hanno cercato di far passare come i responsabili dell’omicidio. Cinque criminali comuni crivellati di proiettili il 24 marzo del 2016 in un blitz e indicati dalle autorità locali come gli autori dell'omicidio ma che per gli investigatori italiani erano completamente estranei ai fatti. Per la Procura di Roma quello fu un tentativo palese di depistaggio per cercare di chiudere la questione ma marchiato da evidenti e grossolani errori.

Principali indiziati sono i servizi segreti egiziani che in questo modo avrebbero cercato di sviare le indagini. In quelle foto si vedeva un marsupio rosso con lo scudetto dell'Italia, alcuni occhiali da sole (di cui due modelli da donna), un cellulare, un pezzo di hashish, un orologio, un bancomat e due borselli neri di cui uno con la scritta Love.  "Non intendiamo più farci prendere in giro dall'Egitto: non basterà inviarci quattro cianfrusaglie, indumenti vari e chiacchiere o carta inutile. Basta atti simbolici, il tempo è scaduto", hanno confermato i genitori di Giulio che avevano già fatto fare una perizia sulle foto dei presunti effetti personali del ricercatore stabilendo che non erano suoi.

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