Regeni, i pm italiani: “Non è certo che gli assassini volessero far ritrovare il corpo di Giulio”
Le autorità egiziane continuano a non offrire un'adeguata collaborazione agli inquirenti italiani che stanno indagando sul rapimento e l'uccisione di Giulio Regeni: è quanto emerso chiaramente questa mattina nel corso dell'audizione alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla morte del ricercatore friulano, alla quale hanno partecipato anche i pm Michele Prestipino e Sergio Colaiocco. “Per noi – hanno detto gli inquirenti – il punto centrale è quello della rogatoria con tre richieste e siamo ancora in attesa di risposta”. Il riferimento è alla rogatoria che chiede conferme alle autorità egiziane riguardo la presenza a Nairobi, nell’agosto di tre anni fa, di uno dei cinque indagati, il maggiore Sharif, che durante un pranzo nella capitale keniana secondo un testimone avrebbe raccontato delle “modalità del sequestro di Giulio”. I magistrati italiani hanno inoltre sollecitato ai colleghi egiziani l’elezione di domicilio degli indagati (tutti appartenenti agli apparati di sicurezza) e l'invio di informazioni sui tabulati telefonici, senza tuttavia ricevere alcuna risposta. “Nessuna risposta anche sulla rogatoria inviata in Kenya", ha spiegato Colaiocco. I magistrati della Procura di Roma hanno aggiunto: “Rimane per noi un mistero l’atteggiamento della tutor di Giulio a Cambridge, la professoressa Maha Abdel Rahman che non ha mai collaborato con le indagini e non ha più risposto dopo il primo contatto formale".
Michele Prestipino e Sergio Colaiocco hanno anche fornito alla commissione parlamentare, presieduta dal deputato di Leu Erasmo Palazzotto, alcune novità emerse dalle indagini, in primis parlando del rapimento di Giulio Regeni: “C’è stata di certo una premeditazione nel sequestro di Giulio Regeni”, hanno dichiarato, spiegando che il ricercatore era nel mirino dei servizi egiziani da almeno due mesi. Ciononostante "non abbiamo certezza del perché i fatti finora accertati siano andati in quel modo”. Regeni di Fiumicello non è deceduto per caso in seguito al pestaggio ricevuto dai suoi rapitori. “La morte di Giulio – ha detto Colaiocco – è stata volontariamente inflitta e non conseguenza delle torture”. Gli inquirenti, per finire, hanno spiegato come non sia affatto “certo che volessero fare ritrovare corpo di Giulio. La strada dove è stato trovato è costeggiata da muraglioni alti 3 metri, per chilometri. Solo il fatto che un camioncino ha forato in quel tratto di strada ha reso possibile individuare il corpo, è stato un fatto fortuito. Se si volesse fare ritrovare o meno il corpo è un fatto non chiaro”. Prestipino e Colaiocco hanno poi chiarito ancora una volta l'attività di Giulio Regeni in Egitto: “La vita di Giulio al Cairo era riservata, sobria e dedita solo all’attività di ricerca che sperava di concludere al più presto tanto che aveva già comprato il biglietto di rientro in Italia con partenza il 23 marzo".