Ravanusa, la lettera di addio agli studenti del prof Pietro Carmina: “Mordete la vita, non adattatevi”
Rimbalzano in queste ore sui social le storie delle vittime dell'esplosione della palazzina di via Trilussa a Ravanusa. Nella mattinata di oggi lunedì 13 dicembre sono stati ritrovati altri 4 corpi: tra loro, secondo il sindaco Carmelo D'Angelo, anche l'infermiera Selene Pagliarello, al nono mese di gravidanza. Nel suo futuro tanti nuovi inizi: la laurea del fratello che si sarebbe svolta a Milano in settimana e poi il parto programmato per i prossimi giorni. L'esplosione di via Trilussa ha spazzato via tutti i progetti. Stessa sorte anche per Giuseppe Carmina, suo marito, il professore Pietro Carmina e la moglie Carmela Scibetta.
Il testamento morale del professore amato dai giovani
"Ci conoscevamo dai nostri 16 anni. Siamo cresciuti insieme e poi ci siamo frequentati negli anni in cui si occupava del Ravanusa Calcio e io ero un giovane cronista sportivo". A raccontarlo ai microfoni di Fanpage.it il Professore Francesco Pira, Associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, coordinatore Didattico Master in Esperto della Comunicazione digitale nella PA e Impresa e Delegato del Rettore alla Comunicazione dell'Università degli Studi di Messina. "Ci siamo incontrati di recente in occasione del Premio Internazionale Navarro. Quando mi hanno raccontato cosa era accaduto a Ravanusa, non immaginavo che il professore Carmina fosse coinvolto. Questo dolore mi ha colto di sorpresa. Mi hanno molto colpito i numerosi messaggi di cordoglio lasciati dai suoi studenti. Sembrava una persona timida e sulle sue, ma sapeva arrivare al cuore di chi lo incontrava. Parlava all'anima dei ragazzi".
Il professore Carmina era andato in pensione nel 2018. Quando aveva lasciato la cattedra di storia e filosofia del Liceo Ugo Foscolo di Canicattì, aveva scritto una lunga lettera ai suoi ragazzi che oggi sembra più che mai un testamento morale. "Ho appena chiuso il registro di classe – scriveva -. In attesa che la campanella liberatoria faccia sciamare i miei studenti verso le vacanze, mi ritrovo a guardarli. Come in un fantasioso caleidoscopio, dietro i loro volti ne scorgo altri, tantissimi, centinaia, tutti quelli che ho incrociato in questi miei 43 anni. Di parecchi rammendo tutto, di altri solo il viso o il nome. Con alcuni persistono rapporti amichevoli, ma il trascorrere del tempo e la lontananza hanno affievolito o interrotto quelli con tantissimi altri. Sono arrivato al capolinea e il magone più lancinante sta non tanto nell'essere iscritto di diritto al club degli anziani, quanto nel separarmi da questi ragazzi. A tutti credo di aver dato quello che ho potuto. Ho ricevuto anche di più, molto di più".
Nelle ultime righe della lunga lettera di saluto, il professore esprimeva la gioia di essere ricordato dai suoi studenti. "Vorrei che sapeste che una delle mie felicità consiste nel vostro ricordo, nel sapervi affermati nella vita. Una delle mie soddisfazioni è aver tentato di insegnarvi che la vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista. Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha; non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non "adattatevi", impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose. Caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente".