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Rapporto Almalaurea, dottori italiani sempre più poveri e disoccupati

Dati certamente non incoraggiati quelli divulgati dall’ultimo rapporto stilato da Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati: un quadro del paese a tinte fosche e perfettamente in linea con le politiche italiane in cui gli investimenti nelle professioni qualificate sono stati scarsissimi, contrariamente a quanto avvenuto nel resto d’Europa.
A cura di Nadia Vitali
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Dati certamente non incoraggiati quelli divulgati dall ultimo rapporto stilato da Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati,: un quadro del paese a tinte fosche e perfettamente in linea con le politiche italiane in cui gli investimenti nelle professioni qualificate sono stati scarsissimi, contrariamente a quanto avvenuto nel resto d Europa.

Semplificando fino all'osso, il quadro dipinto dall'ultimo rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati di casa nostra, presentato a Roma questa mattina, è il seguente: uno scarso livello di investimenti nelle professioni qualificate precedente alla crisi, tendenza tutta italiana che non trova riscontro nei restanti paesi UE, è scivolato sempre più verso il fondo negli ultimi anni, a seguito della congiuntura economica internazionale. A quel punto, quando Francia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito hanno pensato di incrementare proprio gli investimenti nel settore, l'Italia non ha esitato a proseguire sulla propria strada: per indolenza, per mancanza di fondi, chissà, sulle cause si potrebbe scrivere e parlare senza approdare ad alcun risultato. Le conseguenze, tuttavia, sono sotto gli occhi di tutti: un paese in cui il vecchio adagio dello «studiare per farsi una posizione» è diventato talmente obsoleto da sfiorare il ridicolo e dove esistono ancora, ebbene sì, diversità di retribuzione tra uomini e donne.

La mancanza di impiego non risparmia certamente i laureati e, conformemente a quelle che sono le attuali condizioni in cui versa l'Italia denunciate dagli ultimi dati Istat, con la disoccupazione giovanile arrivata a sfiorare la punta del 31.1%, il numero di dottori e dottoresse che non lavorano è risultato essere in costante incremento negli ultimi anni. Qualunque tipologia di titolo sia stata conseguita, la situazione non cambia: il tasso di disoccupazione passa dal 16% del 2009 al 19% del 2010 per i laureati triennali, dal 18% al 20% per chi è in possesso di una laurea specialistica e dal 16.5% al 19% per chi ha seguito corsi a ciclo unico (architettura, giurisprudenza, medicina e veterinaria). E a guardare ancora più indietro si nota come si tratti non di un fenomeno occasionalmente legato agli ultimi anni ma come, ormai, si abbia a che fare con una vera e propria tendenza dagli esiti infausti che, presumibilmente, porterà sempre più i laureati fuori dai confini nazionali lasciando un Paese ancor più privo di risorse.

Dati certamente non incoraggiati quelli divulgati dall ultimo rapporto stilato da Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, un quadro del paese a tinte fosche e perfettamente in linea con le politiche italiane in cui gli investimenti nelle professioni qualificate sono stati scarsissimi, contrariamente a quanto avvenuto nel resto d Europa.
Incremento del tasso di disoccupazione (grafico Almalaurea)

Pochi lavoratori e, per di più, pagati male e sempre meno: con le inevitabili differenze dovute alla disciplina in cui si è scelto di laurearsi, naturalmente. Ai primi posti per retribuzione ci sono medici seguiti da ingegneri ed economisti-statisti; gli stessi, a tre anni dal conseguimento del titolo di studio, mantengono comunque tassi di occupazione ancora soddisfacenti in una graduatoria in cui gli ultimi sono i dottori nel settore chimico-farmaceutico, giuridico e geo-biologico. Ma uno dei dati più preoccupanti riguarda quello che accade agli stipendi dei nostri professionisti a distanza di dieci anni dalla stesura della tesi: in pratica, poco o niente, perché il laureato medio guadagna poco più di 1600 euro al mese, nel caso in cui abbia preferito delle discipline scientifiche, 1400 qualora sia un architetto o uno psicologo, 1300 se è uscito dalla facoltà di Lettere. Basta considerare il fatto che si parla di individui che hanno abbondantemente superato il giro di boa dei trent'anni per intuire la spiegazione di numerose dinamiche sociali e demografiche del nostro Paese. Anche in questo caso, si parla di una tendenza al ribasso, con una media di guadagno, al primo anno dopo la laurea, di 1050 euro al mese.

Dati certamente non incoraggiati quelli divulgati dall ultimo rapporto stilato da Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati: un quadro del paese a tinte fosche e perfettamente in linea con le politiche italiane in cui gli investimenti nelle professioni qualificate sono stati scarsissimi, contrariamente a quanto avvenuto nel resto d Europa.
Grafico Almalaurea

Dottore e dottoressa non è la stessa cosa dal momento che esistono ancora dei dislivelli di retribuzione e di occupazione. Sette punti percentuali segnano la differenza tra uomo e donna: l'89.8% dei laureati lavora contro l'82.3% delle giovani laureate. Differenze di genere difficilmente attribuibili a disparità di merito, scelte formative effettuate o eventuali maternità ma, più semplicemente, specchio di un paese in cui sono gli uomini a stabilire il peso e le dimensioni di fantomatiche «quote rose». Una distanza che diventa ancora più accentuata nell'arco della lunga durata e che si riflette anche sulla possibilità di poter contare su un lavoro stabile, assai più bassa nel caso in cui si sia donna: insomma per quanto riguarda la disparità di genere la questione resta invariata, che si sia istruite o no, essere penalizzate sul mercato del lavoro è la regola.

Dati certamente non incoraggiati quelli divulgati dall ultimo rapporto stilato da Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati: un quadro del paese a tinte fosche e perfettamente in linea con le politiche italiane in cui gli investimenti nelle professioni qualificate sono stati scarsissimi, contrariamente a quanto avvenuto nel resto d Europa.
La disparità di genere si riflette anche sui guadagni (grafico Almalaurea)
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