Quote latte: l’algoritmo sbagliato e una vicenda costata 4 miliardi di euro
Secondo un algoritmo dei funzionari dell’Agea, l’Agenzia ministeriale per le erogazioni in agricoltura, una mucca può fare latte fino a 82 anni. Si tratta di un algoritmo che trova per la prima volta una censura in un provvedimento giudiziario: c’è infatti un’ordinanza con la quale un giudice ordina alla Procura di indagare i funzionari Agea per l’ipotesi di reato di falso in atto pubblico. A scrivere del caos delle quote latte è oggi il Corriere della Sera che ricorda come si tratti di una vicenda che si trascina dal 1984 con decine di processi al costo di 4 miliardi di euro di sanzioni. Soldi di cui circa 1.7 miliardi sono a carico della collettività. Si parla di un “mondo produttivo” che è stato teatro negli anni di ogni genere di trucchi, con gli allevatori onesti che hanno patito la concorrenza di chi invece onesto non lo era e produceva in nero, di chi portava in Italia latte straniero contrabbandato per nazionale e di chi riassegnava una parte delle quote italiane a produttori fittizi, riducendo così le quote vere per i produttori seri e spingendoli ad accumulare multe.
Secondo la magistratura Agea avrebbe modificato i criteri dell’algoritmo che assegna le quote latte (i limiti alla produzione di latte pattuite fra i paesi europei) ai singoli allevatori, aumentando appunto l’età di produzione delle mucche fino a 82 anni. Secondo quanto scrive il Corriere, questo provvedimento avrebbe gonfiato del 20 per cento il parco bovini da latte italiano. Secondo il giudice ciò avvenne per espressa richiesta dei funzionari di Agea, con l’evidente fine di giustificare il dato in eccesso che aveva determinato le sanzioni.
