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“Questa è una tortura”, professore in sciopero della fame per l’eutanasia

Renzo Ferro è un professore di cinquant’anni affetto da sclerosi multipla. La moglie è contraria alla decisione di sottoporsi ad eutanasia, ma lui spiega: “voglio chiudere la partita elegantemente più in fretta possibile”.
A cura di Redazione
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"Questa non è vita, è una tortura", per questo il professore di matematica Renzo Ferro, cinquant'anni e affetto da sclerosi multipla, vuole sottoporsi all'eutanasia. Pratica che in Italia è illegale e che richiederebbe dunque il trasferimento di Ferro in Svizzera. L'uomo ha rilasciato un'intervista al Gazzettino di Udine, spiegando le motivazione che l'hanno portato dapprima a decidere per l'eutanasia e poi allo sciopero della fame. Sciopero a cui seguirà anche il rifiuto dell'acqua, senza la quale un uomo sano può vivere al massimo dodici giorni. Esorta le istituzioni: "vengano almeno a sentire le mie ragioni" affinché possano capire l'entità delle sofferenze a cui è sottoposto l'uomo e il perché dell'eutanasia. Per ora la sua richiesta di morte dolce è all'esame di un istituto elvetico, che valuterà le condizioni di salute, comprese quelle psicologiche affinché non ci sia nell'animo del degente una forma di depressione più determinante dello stato fisico nel desiderio di morire. Ma Ferro avverte: "non sono depresso. Con un fascicolo come il mio è impossibile dire di no".

Il Cinquantenne riceverebbe ospitalità da alcuni parenti in Svizzera, ma prelevarlo all'Ospedale La Quiete di Udine al momento implicherebbe troppe complicazioni. Prima su tutte, l'opposizione della moglie. "Mia moglie – spiega il professore – mi vorrebbe vivo, ma questa è una malattia degenerativa e progressiva. Non mi piace l'idea di morire, anche un secondo in più di vita è vita, ma dipende dalla qualità di questa vita. Convivo con il dolore da un anno e tre mesi. Così non ce la faccio più". Circa il rifiuto dell'acqua, che sarà la prossima, ultima forma di protesta, ammette che soffrirà, "ma in questo momento soffro comunque e nessuna terapia riesce ad alleviare il dolore. Ho deciso di morire e sulla libertà di una persona non transigo". "Questa non è vita, è una tortura – prosegue nel corso dell'intervista -. Se mi fosse venuto un ictus causato dal fumo, direi un mea culpa, ma questi non sono errori personali. Ho cercato una salvezza in ogni modo, ma ora voglio chiudere la partita elegantemente più in fretta possibile. Al respiratore non ci voglio arrivare".

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