La potenza di un gesto. Semplice perché ha tutta la limpidezza del donare eppure così potente come può essere potente solo il fare bene. Che Flavio Insinna, popolare personaggio teatrale e televisivo, abbia deciso di donare la propria barca a Medici Senza Frontiere per soccorrere i migranti prima che si lascino cadere in fondo al mare è una notizia molto meno banale di quello che qualcuno si ostina a raccontare.
Innanzitutto c’è dentro tutto l’essere compartecipe (misericordioso, si direbbe in termini cattolici) di una tragedia da cui non possiamo esimerci di farci toccare e poi, soprattutto, il coraggio di esporsi su un tema così poco popolare, sapendo bene che oggi umanizzare con quelli che in molti vorrebbero raccontarci come ‘barbari invasori è una scelta di campo, una beneficenza con il rinculo, una scelta che rischia di non essere per niente ‘pop’.
Flavio Insinna è la faccia che accompagna il dopo cena, il Caronte tra lo sparecchiamento e la prima serata in una delle trasmissioni più rassicurante del già poco coraggioso panorama Rai. Ha imparato, Flavio, quanto conti sapersi smussare per stare in televisione a quell’ora così famigliare, del dopo cena di fine giornata di un pubblico che chiede di essere accompagnato senza scossoni al serale di Rai Uno. Bisogna essere simpatici, ma non troppo, arguti ma non volgari, personaggi ma maggiordomi, mai estremi, mai politici, mai complessi. Per un attore (perché Insinna è uomo di teatro) quella trasmissione dei pacchi deve essere come l’inventario dentro una fabbrica di chiodi: puoi solo sbagliare.
Eppure al di là del gesto Flavio si è spinto oltre: ha raccontato di avere preso la decisione in un momento di rabbioso sconforto per le solite notizie dei morti in mezzo al mare, di questo cimitero liquido che è diventato il Mediterraneo. Probabilmente avrà ascoltato, in coda al servizio, anche le parole di qualcuno che di sicuro avrà detto che “non li possiamo aiutare”, “dobbiamo pensare prima a noi” oppure un “tanto lo sanno che vanno a morire”. Ha aggiunto, Insinna, di essere figlio di un uomo di mare e quindi cresciuto sapendo bene quanto nessuno vada mai lasciato solo. La legge dell’aiuto, per i popoli navigatori, è una delle regole prime dell’esser marinaio, come il fermarsi con rosso per un’automobilista o la verifica dei fatti per un giornalista. Una cosa così.
E con un solo gesto Flavio Insinna, il sacerdote del generalismo, ci fulmina con il coraggio di esser buoni. Di essere discutibilmente buoni accettando lo scotto di uscire dalla retorica e pagare, forse, più del prezzo del semplice bene donato. Altro che pacchi, dentro quella barca c’e una gran fetta di cuore. Mica di cartone.