Era il giugno del 1981 e Roma non finiva a Frascati. Via Sant’Ireneo era una strada circondata da campagne e pozzi artesiani. La città si fermava molto prima. Non c’erano “La Romanina” e “Tor Vergata”. Era un giugno caldo, senza calcio. Fosse caduto l’anno dopo Alfredino forse non ci ricorderemmo di lui. E invece scivola via proprio quell’anno e scende giù, sempre più giù in quel pozzo che cambierà per sempre l’Italia.
Quel giorno di giugno ventuno milioni di italiani si incollano allo schermo per seguire la diretta Rai. Diciotto ore di soccorsi, grida, ansie, Presidenti. La voce di Alfredino trasmessa in diretta attraverso un microfono calato entra nelle case. Per ventuno milioni di persone quella voce fu una porta spalancata sul mondo. La tv di stato, vecchia, paludata, era diventata improvvisamente un’altra. Decide di cambiare per sopravvivere allo spettatore. Perché a chiedere che la diretta non venga interrotta sono gli italiani. Sono loro a subissare di telefonate i centralini, sono loro che, per la prima volta, hanno accesso a uno “show” mai visto prima. Gli italiani – grazie alla mediazione della televisione – possono guardare la realtà senza sentirsene responsabili. Dopo anni di “impegno sociale” Vermicino è la realtà che può essere guardata ma non vissuta.
Se l’Italia cambia non è a causa della Rai e di quella diretta. L’Italia era già cambiata.
Vermicino è la conseguenza, non la causa. Così come le tv commerciali, il loro successo, la tv del dolore, esistono perché esiste un pubblico che lo richiede. Il consumismo-laico non nasce con Canale5, anzi, Berlusconi capisce che bisogna dare agli italiani ciò che loro chiedono.
Quel giorno di 35 anni fa l'Italia è scivolata lungo un pozzo dal quale non è ancora uscita.