Quanto durerà l’epidemia di coronavirus in Italia
Con l'origine dei primi due focolai del nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) in Italia – nel Lodigiano e in Veneto – e il numero di contagiati da COVID-19 in costante aumento, in molti si stanno chiedendo per quanto tempo durerà ancora la diffusione del patogeno nel nostro Paese. Ebbene, secondo gli esperti non si tratterà di una “convivenza” di pochi pochi giorni o settimane: come dichiarato a Repubblica dal Direttore Dipartimento di Malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) Gianni Rezza, infatti, avremo a che fare col coronavirus per mesi. “Abbiamo un numero non piccolo di casi. Siamo arrivati alla seconda o terza generazione di contagi”, ha affermato lo specialista. La dichiarazione mette in evidenza due aspetti: che il virus sta circolando da un po' in Italia – come ipotizzato anche dalla virologa Ilaria Capua – e che dunque non ce ne libereremo molto presto, proprio perché ha avuto il tempo di diffondersi, ad esempio dall'ospedale di Codogno. Gli esperti, dunque, si aspettano che infetterà ancora numerose persone, e che ci vorrà del tempo per vedere gli effetti positivi delle misure adottate dal governo.
L'aiuto della bella stagione
Come i virus dell'influenza stagionale, che ha da poco superato il suo picco in Italia, anche il coronavirus potrebbe essere suscettibile alle temperature più miti, dunque l'arrivo della primavera (e della successiva estate) potrebbe avere un impatto molto positivo sulla diffusione del coronavirus e sull'estinzione dell'epidemia. “È solo una sensazione – ha spiegato a Repubblica il professor Guido Silvestri dell'Università Emory di Atlanta, negli Stati Uniti – ma è possibile che la diffusione del coronavirus sia legata anche a fattori ambientali. Non ci spieghiamo il fatto che nazioni popolose, con legami intensi con la Cina, siano prive o quasi di contagi. Penso a Indonesia, India, Thailandia, Bangladesh, Africa. Forse la temperatura gioca un ruolo nel limitare l'epidemia. In questo caso, il caldo potrebbe frenare il virus anche in Italia, come avviene con raffreddore e influenza stagionale”.
La situazione in Cina
Mentre in Italia, in Corea del Sud e in Iran i focolai epidemici sono originati da pochi giorni e il loro percorso è tutto da prevedere, in Cina secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il picco dell'epidemia di COVID-19 sarebbe stato raggiunto tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio. “Hanno scoperto che l'epidemia COVID-19 ha raggiunto il picco tra il 23 gennaio e il 2 febbraio e da allora è in costante diminuzione”, ha sottolineato il direttore generale dell'OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus, che ha tuttavia dichiarato di essere molto preoccupato per i focolai epidemici sorti nei tre Paesi sopracitati. Nonostante il superamento del picco, favorito dalle misure draconiane imposte da Pechino, ciò non significa che l'epidemia non possa avere ulteriori “rimbalzi”, con due o più picchi epidemici raggiunti nel corso del tempo. Inoltre è importante sottolineare che sta calando il numero di diagnosi giornaliere, dunque, come evidenzia anche la mappa del contagio, la curva epidemica è ancora in salita, pur mostrando una certa stabilizzazione (il possibile plateau prima della discesa). Ghebreyesus ha sottolineato un altro dato importante, ovvero “che non vi sono stati cambiamenti significativi nel profilo genetico del coronavirus”. Si tratta di un aspetto significativo poiché le mutazioni casuali del patogeno, replicazione dopo replicazione, potrebbero renderlo più resistente e aggressivo. Sono attesi nei prossimi giorni i risultati sul ceppo italiano di SARS-CoV-2, per sapere se e quanto sta divergendo da quello cinese.
Il ruolo del fattore R0 nella diffusione dell'epidemia
Un parametro significativo nella diffusione di una patologia infettiva è il “numero di riproduzione di base” o fattore R0. In parole semplici, si tratta di un valore che misura la potenziale trasmissibilità di una malattia, o meglio, il numero medio di persone che ciascun infetto è in grado di contagiare in una determinata popolazione dove la patologia è emergente (e dunque non è presente vaccinazione). Per quanto concerne il coronavirus SARS-CoV-2, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha calcolato un fattore R0 preliminare compreso tra 1,4 e 2,5; per scienziati dell'Università del Lancaster (Regno Unito) l'R0 sarebbe di 3,11, mentre ricercatori di Hong Kong hanno calcolato addirittura un valore compreso tra 3,30 e 5,47. I dati non sono ancora definitivi, ma una cosa è certa; l'epidemia di coronavirus continuerà a diffondersi fin quando l'R0 non raggiungerà un valore più basso di 1, cioè quando un singolo infetto riuscirà a infettare soltanto un'altra persona o nessuno, segnale di una significativa contrazione dell'epidemia.
Il terzo Paese al mondo per contagi
Siamo il terzo Paese al mondo per numero di contagi, con circa 350 casi, dopo la Cina con 81mila e la Corea del Sud con poco meno di 1.200. Saremmo il quarto dietro al Giappone, se ai 170 locali si aggiungessero i croceristi della Princess Diamond, la nave attraccata al porto di Yokohama e considerata un focolaio a sé stante. Naturalmente, maggiore è il numero di persone contagiate e maggiori sono le probabilità che la patologia possa diffondersi e perdurare all'interno delle comunità. Ecco perché il governo italiano ha decretato l'isolamento dei comuni coinvolti nei focolai epidemici, una misura draconiana come quelle imposte da Pechino in diverse città, come a Wuhan, la metropoli da 11 milioni di abitanti nella quale il coronavirus avrebbe fatto il salto di specie da animale a uomo.
Arrivo del coronavirus in Italia inevitabile
La virologa Ilaria Capua ha dichiarato a fanpage che l'arrivo del coronavirus era praticamente inevitabile nel nostro Paese: “Abbiamo creduto che la Cina, con le misure draconiane che ha messo in atto, potesse tenersi tutto il contagio”, ha dichiarato la specialista. Adesso che il patogeno è sul suolo nazionale, aggiunge la Capua, “dobbiamo fare il più grosso sforzo di responsabilità collettiva della nostra Storia” per provare ad arginarlo e limitarne la diffusione. Nel caso in cui venissero contagiate tantissime persone contemporaneamente, infatti, si bloccherebbero i servizi, si intaserebbero gli ospedali e si “darebbe un grosso colpo alla produttività del Paese”.