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Matteo Messina Denaro

Quanti omicidi ha commesso Matteo Messina Denaro: da Giuseppe Di Matteo a Falcone e Borsellino

Sono decine gli omicidi dei quali è accusato Matteo Messina Denaro, il boss di mafia superlatitante arrestato a Palermo. Condannato all’ergastolo per la strage di Capaci e per quella di via D’Amelio e per gli eccidi del 1993 a Roma, Firenze e Milano, è ritenuto il mandante anche dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo nel 1996.
A cura di Chiara Ammendola
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Matteo Messina Denaro
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È stato arrestato dopo una latitanza di 30 anni Matteo Messina Denaro, considerato l'ultimo degli stragisti italiani, essendo tra i mandanti dei principali attentati mafiosi avvenuti in Italia tra il 1992 e il 1993. Nel suo passato almeno venti omicidi, tra i quali quello di Giuseppe Di Matteo, il bambino di 12 anni che fu rapito e poi sciolto nell'acido nel 1996 per punire il padre Santino, pentito di mafia.

Una carriera malavitosa, quella di Messina Denaro, iniziata però ben prima, come emerso dalle indagini di questi anni che hanno accompagnato la sua lunga latitanza: secondo il racconto di alcuni pentiti avrebbe infatti iniziato a uccidere quando era ancora minorenne. È stato condannato tra le altre cose per la strage di Capaci, in cui morì il giudice Falcone, e per quella di via D'Amelio, in cui rimase ucciso il giudice Borsellino, e per gli eccidi del 1993 a Roma, Firenze e Milano.

“Sono il quarto di sei figli e sono l’unico che ha continuato l’attività di mio padre dedita alla coltivazione dei campi”, disse nel 1988 agli agenti della Squadra mobile di Trapani quando fu interrogato come testimone in merito a un omicidio. Il padre era don Ciccio, vecchio capomafia di Castelvetrano e uomo fidatissimo di Totò Riina. Oltre all'attività di fattore presso le tenute agricole locali, Messina Denaro aveva però iniziato a seguire proprio le orme del padre, portando avanti l’attività criminale fra Castelvetrano, Marsala e Trapani.

L'arresto del boss Matteo Messina Denaro
L'arresto del boss Matteo Messina Denaro

Nel 1989 fu proprio il padre che lo coinvolse negli omicidi di quattro uomini, strangolati e poi sciolti nell'acido, perché si erano opposti alle sue decisioni e quindi alle strategie mafiose trapanesi e corleonesi. Le mani sporche di sangue nel 1991 poi per l'omicidio di Nicola Consales, vice-direttore di un albergo di Triscina, dove lavorava una ragazza austriaca di cui Matteo si era innamorato: l'uomo si era lamentato della continua presenza di quel ragazzotto e dei suoi amici mafiosi all'interno dell'albergo e per questo fu ucciso.

Poi sono arrivati gli anni delle stragi. Tra le tredici condanne all'ergastolo inflitte a 16 boss per la strage di Capaci c'è anche Matteo Messina Denaro. Nell'attentato del 23 maggio del 1992 morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Fu tra i mandanti della strage di via D'Amelio a Palermo, nella quale persero la vita il magistrato italiano Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina: era il 19 luglio 1992.

Immagine della strage di Capaci.
Immagine della strage di Capaci.

Nello stesso mese Messina Denaro fu tra gli esecutori materiali dell'omicidio di Vincenzo Milazzo (capo della cosca di Alcamo), che aveva cominciato a mostrarsi insofferente all'autorità di Riina. Dopo pochi giorni dopo, strangolò barbaramente anche la compagna di Milazzo, Antonella Bonomo, che era incinta di tre mesi: i due cadaveri furono poi seppelliti nelle campagne di Castellammare del Golfo.

Il superlatitante è ritenuto responsabile anche della Strage dei Georgofili a Firenze avvenuta nella notte tra il 26 e il 27 maggio del 1993 nei pressi della Galleria degli Uffizi, nella quale morirono cinque persone in seguito all'esplosione di un'autobomba. Per la giustizia italiane è stato mandante anche della strage di via Palestro a Milano, avvenuta il 14 maggio 1993, quando un'autobomba uccise cinque persone.

Strage dei Georgofili a Firenze.
Strage dei Georgofili a Firenze.

Si è risaliti a Messina Denaro anche per l'attentato di via Fauro a Roma, quando, il 14 maggio del 1993, un'autobomba è esplosa nei pressi della casa del giornalista Maurizio Costanzo, all'epoca molto impegnato nella lotta alla mafia. Sia Costanzo che la moglie Maria De Filippo rimasero illesi ma ci furono 24 feriti.

Maurizio Costanzo e Giovanni Falcone al Maurizio Costanzo Show (1991).
Maurizio Costanzo e Giovanni Falcone al Maurizio Costanzo Show (1991).

Nel novembre 1993 infine il piccolo Giuseppe Di Matteo a soli 12 anni fu sequestrato su ordine di Messina Denaro per costringere il padre Santino a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci: dopo 779 giorni di prigionia, il piccolo Di Matteo venne brutalmente strangolato e il cadavere sciolto nell'acido.

“Siamo felici dell'arresto ma quello che ha fatto non si può perdonare. Ha fatto qualcosa di disumano”, il commento di Nicola Di Matteo, fratello di Giuseppe – ho appreso che sta male. Non gli auguro la morte, ma gli auguro una lunga sofferenza, la stessa che ha fatto passare a mio fratello. C'è voluto del tempo ma lo Stato ha dimostrato di essere presente. Mia madre? È contenta della notizia, ma il dolore che ha dentro se lo porterà nel cuore tutta la vita. È gioia mista a dolore".

Nel 1993, quando iniziò la latitanza, nei suoi confronti venne emesso un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori. Nel 2000 al maxi-processo Omega venne condannato in contumacia all’ergastolo. Il 21 ottobre 2020 venne condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Caltanissetta per essere stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio in cui vennero uccisi di giudici Falcone e Borsellino e le loro scorte.

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