video suggerito
video suggerito

Quando Maurizio Costanzo rischiò la vita nell’attentato ai Parioli: perché la mafia voleva ucciderlo

Maurizio Costanzo, morto oggi a 84 anni, fu l’obiettivo di un attentato compiuto in via Fauro a Roma: a volerlo uccidere era Cosa Nostra, che piazzò un’auto imbottita con 90 chilogrammi di tritolo nei pressi del teatro dove si registrava il Maurizio Costanzo Show: “Il bello è per me e Maria De Filippi è stato accorgerci che eravamo vivi”.
A cura di Ida Artiaco
431 CONDIVISIONI
Immagine

"La mafia mi dedicò 70 chili di tritolo mentre tornavo a casa in macchina con Maria. Il bello è stato accorgerci che eravamo vivi".

Maurizio Costanzo, morto oggi a 84 anni, ha usato queste parole per raccontare l'attentato di cui fu vittima nel 1993. A volerlo uccidere era Cosa Nostra, che un anno dopo le stragi che portarono alla morte dei giudici Falcone e Borsellino, aveva piazzato un'auto imbottita con 90 chilogrammi di tritolo la sera del 14 maggio 1993 in via Fauro ai Parioli, a pochi passi dal famoso teatro dove veniva registrato lo show condotto dal giornalista.

Cosa sappiamo dell'attentato a Costanzo in via Fauro ai Parioli

La vettura esplose al passaggio dell'auto che riportava a casa il conduttore e la moglie, Maria De Filippi, dopo una sessione di prove al teatro "Parioli". Un boato spaventoso, con le facciate dei palazzi devastate fino al quarto piano. Furono 24 le persone che rimasero ferite, di cui di gravi. Ma l'obiettivo non fu raggiunto.

Immagine

Al momento dell'esplosione, infatti, erano in transito due autovetture: una Mercedes blu, presa a nolo la mattina stessa, condotta da Stefano Degni, in cui viaggiavano Costanzo e De Filippi, e a brevissima distanza una Lancia Thema con a bordo le guardie del corpo Fabio De Palo (rimasto lievemente ferito) e Aldo Re (che subì lesioni legate allo shock). Gli occupanti della Mercedes rimasero illesi per un ritardo nello scoppio causato dal telecomando e per un muretto di una scuola che fece da protezione all'automobile blindata di Costanzo.

La pista mafiosa

La pista mafiosa fu sin da subito quella più seguita. Le indagini accertarono in seguito che già nel febbraio 1992 Cosa Nostra, su ordine del boss Totò Riina, aveva mandato a Roma una banda composta da mafiosi di Brancaccio fra i quali Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano,  Vincenzo Sinacori, Lorenzo Tinnirello, Cristofaro Cannella e Francesco Geraci. Con loro portarono decine di chili di esplosivo nascoste nell'abitazione di un complice.

Perché Cosa Nostra voleva uccidere Maurizio Costanzo

Il motivo è presto detto: da almeno due anni, dall'omicidio dell'imprenditore palermitano Libero Grassi nel 1991, Costanzo lanciò una coraggiosa campagna contro la la criminalità organizzata.

Arrivò a bruciare in diretta tv una maglietta che aveva stampata la scritta "Mafia made in Italy" e insieme a Michele Santoro convinse i vertici di Rai e Fininvest ad allestire una lunghissima trasmissione in diretta.

Costanzo aveva invitato spesso all'omonimo show il giudice Giovanni Falcone e aveva maturato una forte amicizia con lui e con i suoi ideali.

Maurizio Costanzo e Giovanni Falcone al Maurizio Costanzo Show (1991).
Maurizio Costanzo e Giovanni Falcone al Maurizio Costanzo Show (1991).

"Mi risulta dai magistrati di Firenze che Messina Denaro sia venuto al Teatro Parioli durante il Maurizio Costanzo Show per vedere se si poteva fare lì l'attentato, sarebbe stata una strage. Hanno deciso di farlo quando uscivo dal Parioli", disse il conduttore nel 2020. Da quel momento, Costanzo visse sottoposto a un protocollo di protezione.

Le ultime parole sull'arresto di Matteo Messina Denaro

"Perché la mafia scelse proprio me? Io faccio il giornalista – disse Costanzo – avevo molto parlato di mafia al Maurizio Costanzo Show e la mafia si è difesa. Arrivavano lettere con la mia testa in un vassoio, le mandavo alla Digos", raccontò ancora Costanzo.

Rispondendo alle domande di Fanpage.it a commento dell'arresto di Messina Denaro, avvenuto lo scorso 16 gennaio, ha dichiarato: "Pensavo non sarebbe mai potuto accadere. È la dimostrazione che il lavoro costante delle forze dell’ordine può portare ad arrestare un ricercato numero uno come lui".

431 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views