“Quando ho detto che ero incinta, mi hanno lasciata a casa. Ai colloqui per paura dicevo di non volere figli”
"Oggi lavoro come libera professionista e mi sono messa in proprio per questo motivo. Quando ci penso, forse avrei dovuto denunciare ma, in queste situazioni, nessuno ti crede. Loro potrebbero dire: ‘Non ti ho rinnovato il contratto perché non mi piacevi". Ma casualmente, quando sono rimasta incinta, hanno trovato tutti i pretesti per lasciarmi a casa".
A parlare è Marika, 35enne residente a Parma, che a Fanpage.it ha raccontato la sua esperienza di donna lavoratrice. Per due volte, mentre era assunta con contratti a scadenza, è stata lasciata a casa quando ha detto di aspettare un bambino.
"In entrambi i casi lavoravo come educatrice. La prima volta sono rimasta incinta nel 2017. Stavo cercando da mesi di avere un figlio e non ho mai pensato di non accettare un lavoro perché lo volevo. In più, il bimbo tardava ad arrivare", ha spiegato.
"All'epoca, con il passare del tempo, mi ero anche detta: ‘Magari questo figlio nemmeno arriva‘. Mi giustificavo ma solo dopo ho capito che era sbagliato farlo, che non era colpa mia. Finalmente, sono rimasta incinta e, per correttezza, l'ho comunicato subito", aggiunge Marika.
All'inizio, ha ricordato la 35enne, i suoi datori di lavoro si erano mostrati felici "ma, dopo pochi mesi, alla scadenza del contratto, mi hanno detto: ‘Non crediamo che ci servirai ancora perché sei incinta, ora che la bimba va a scuola, chissà quando riesci a tornare…'".
"Forse avrei potuto denunciare, ma ero giovane e non volevo problemi. – ha detto ancora – Ho anche pensato che forse era giusto così. Anche chi mi stava intorno mi diceva che lo era, che in fin dei conti ero incinta e non dovevo pensare alla carriera ora che avevo una figlia. Avevo 27 anni e ho incassato, nonostante io volessi comunque la mia indipendenza".
Dopo il parto, infatti, Marika non si è arresa e si è rimessa a cercare lavoro. "Sono stata assunta di nuovo come educatrice in un altro asilo. E, dopo un anno e mezzo, sono rimasta di nuovo incinta. Anche in questo caso, non mi è stato rinnovato il contratto perché aspettavo mio figlio".
"Non è così facile dire quando arriva un bambino, non è possibile programmare tutta la vita intorno a questa cosa e non penso nemmeno che sarebbe giusto", ha spiegato ancora.
Anche in questa seconda occasione, Marika si è premurata di avvisare i suoi datori di lavoro: "Ho chiamato la mia coordinatrice e le ho detto che ero incinta ma che potevo comunque lavorare fino alla fine della scuola. Lei mi ha risposto: ‘Ma come sei incinta? Ma se ti abbiamo assunta pochi mesi fa? Ci avevi detto che non volevi altri figli'".
"Sì, al colloquio, mi avevano chiesto se ne volessi e avevo risposto di no perché in quel momento non lo sapevo. Mi sono sentita veramente in colpa. Terminata quell'esperienza, ho deciso di mettermi in proprio, ero stufa perché sapevo che con due figli avrei avuto delle difficoltà a trovare un nuovo lavoro da dipendente".
Marika, tra un lavoro e l'altro, racconta anche di aver fatto una serie di colloqui e di essersi sentita chiedere spesso se avesse dei figli e se, dopo aver dato alla luce il primo, ne volesse altri.
"Quando rispondevo che non ne volevo, sorridevano rassicurati. – ricorda – Questa cosa me la sono sentita chiedere più di una volta. E, comunque, anche per paura, non dicevo mai ‘sì', pure se dentro di me sapevo che ne avrei voluti. In questo so di aver sbagliato, ma ero più giovane e intimorita. Oggi non lo farei più".
"Il mio compagno mi ha detto più volte che potrei rimanere a casa tranquillamente e smettere di lavorare, ma io non voglio rinunciare alla mia soddisfazione e alla mia indipendenza", aggiunge Marika.
"Alla fine fa tutto parte di un sistema dove spesso lavora solo l'uomo perché guadagna di più e la donna deve rinunciare a tutto. È una cosa che non tutti capiscono e, parlando di figli, spesso ti dicono: ‘Hai voluto la bicicletta? Ora pedala'".
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