Quali sono i rischi per l’Europa se la Russia attacca Chernobyl e le altre centrali nucleari in Ucraina
"La radioattività una volta messa a disposizione dell'ambiente esterno poi viaggia attraverso i venti e i movimenti delle masse d'aria che circolano nella zona, per cui a quel punto nessuno può sentirsi escluso da un eventuale impatto radiologico sul proprio territorio". A parlare è Paolo Zeppa, ingegnere dell’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (Isin), che a Fanpage.it ha spiegato quali sono i pericoli legati ad un possibile attacco russo alle centrali nucleari presenti in Ucraina. Nei giorni scorsi le truppe di Mosca avevano fatto sapere di aver preso il controllo dell'impianto di Chernobyl e qualche ora fa di essere riusciti ad arrivare nell'area attorno alla centrale di Zaporizhzhya. Il che ha spinto i membri dell'ENSREG (European Nuclear Safety Regulators Group), di cui l'Isin fa parte, a richiedere ufficialmente che in tutti gli impianti ucraini venga assicurata la possibilità al personale operativo "senza indebite pressioni, i propri compiti per garantire la sicurezza" e "di evitare rischi per gli impianti stessi".
Ing. Zeppa, quali sono le informazioni che avete al momento e quanto dobbiamo essere preoccupati?
"È opportuno distinguere tra le centrali nucleari di potenza che operano in Ucraina e il sito di Chernobyl, dove avvenne il famoso incidente del 1986 che interessò una delle quattro unità presenti, attualmente tutte ferme. Nel sito sono in corso le attività di smantellamento sia del reattore incidentato che degli altri tre reattori e di gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito radioattivo che è presente nella centrale. Per quanto riguarda gli altri impianti ucraini di potenza che sono invece in funzione, hanno standard di realizzazioni molto più evoluti rispetto ai reattori di Chernobyl, con un elevato livello di resistenza anche a sollecitazioni importanti. Certo, però, non è possibile assegnare a loro la capacità di resistere a sollecitazioni di tipo militare. A seguito dell'incidente di Fukushima, furono attuati sui reattori nucleari in Europa interventi di adeguamento a standard di sicurezza più elevati, per resistere ad eventi naturali particolarmente gravosi. "Difficilmente, però, potrebbero resistere a colpi di armamento pesante, anche nell'eventualità di ricevere un colpo vagante".
Quali le possibili conseguenze?
"Le conseguenze dipenderanno dal tipo di danno che viene a crearsi. Un incidente nucleare con rilascio di radioattività da una centrale in funzione è sicuramente un evento, come ci hanno dimostrato Chernobyl nel 1986 e successivamente nel 2010 Fukushima, molto grave. Nel caso di incidente severo, il potenziale del rilascio radioattivo potrebbe raggiungere un carattere transfrontaliero con ricadute anche a grandi distanze".
Da qui l'appello di qualche giorno fa a "evitare rischi agli impianti nucleari ucraini"…
"L'ENSREG, European Nuclear Safety Regulators Group, gruppo di esperti istituito nel 2007 a seguito di una decisione della Commissione Europea, dove sono raccolte tutte le autorità di sicurezza nucleare europee come l'Isin, ha emesso un comunicato in cui, oltre a ribadire l'evidente pericolo che una manovra militare a ridosso di un impianto può rappresentare per l'integrità dell'installazione stessa, richiama anche altri aspetti riguardanti la sicurezza nucleare: è fondamentale che gli operatori di un impianto nucleare, in particolare se di potenza in funzionamento, non siano soggetti a delle pressioni indebite, come quella che potrebbe manifestarsi nel considerarsi alla stregua di prigionieri, che i turni previsti dalle procedure operative di gestione di un impianto possano essere rispettati e che sia data possibilità all'autorità di controllo e sicurezza nucleare di accedere alle informazioni degli impianti e operare, con il proprio personale, i controlli del mantenimento dei livelli di sicurezza richiesti. Di ciò, le manovre militari dovrebbero tener conto, in particolare con riferimento alle quattro centrali ucraine con i 15 reattori di potenza al loro interno".
In che modo state monitorando la situazione?
"Nel campo della sicurezza nucleare e della gestione delle emergenze di tipo radiologico e nucleare, sono stati realizzati, proprio a seguito dell'esperienza di Chernobyl, i sistemi internazionali di pronta notifica e scambio rapido delle informazioni. I Paesi UE e tutti quelli che hanno aderito alla Convenzione internazionale per la pronta notifica di un incidente nucleare sono chiamati a partecipare. Per l'Italia, l'Isin è l'Autorità competente e punto di contatto in tali sistemi. Anche l'Ucraina partecipa con la propria autorità di sicurezza nucleare (SNRIU) che in questi giorni ha continuato a trasmettere le informazioni sulla situazione degli impianti nucleari nel Paese".
Volendo immaginare lo scenario peggiore, quali sarebbero i rischi concreti anche per l'Italia?
"Immaginare scenari è difficile, ma nel caso di un danneggiamento molto grave di un impianto nucleare verrebbe riproposto un incidente con delle conseguenze che abbiamo già visto in quelli degli anni passati, forse non proprio come Chernobyl perché in quel caso si è verificata una situazione veramente molto estrema e con una dinamica che ha fatto sì che tutta la radioattività contenuta nel reattore fuoriuscisse nell'ambiente esterno. Ma già quello di Fukushima e altri eventi minori hanno dimostrato che l'impatto transfrontaliero anche a lunga distanza in caso di incidente nucleare severo esiste e deve essere tenuto in considerazione. Non a caso in Italia è presente un piano nazionale di emergenza nucleare, predisposto dal Dipartimento della Protezione civile, che individua proprio in un incidente a carico di centrali nucleari di potenza che operano all'estero, l'evento di riferimento a cui il piano deve essere in grado di rispondere”.
Credo, sia opportuno precisare, che un danneggiamento anche importante degli impianti presenti nel sito di Chernobyl, difficilmente potrebbe comportare rilasci di radioattività in quantità tali da costituire un pericolo per la salute della popolazione a distanze elevate dall'impianto come invece potrebbe avvenire nel caso di un incidente severo in un impianto di potenza in funzione. In ogni caso, resta il fatto che, una volta che la radioattività viene rilasciata all'ambiente, nessuno può sentirsi escluso da una sua potenziale ricaduta. Su questo è opportuno che tutte le parti in causa riflettano".