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Quali sono i lavori più richiesti in Italia e le università da scegliere: l’analisi dell’esperta

L’intervista di Fanpage.it a Veronica Campogiani, National Education Manager The Adecco Group: “Il mercato del lavoro sta cambiando tantissimo e sta diventando sempre più fluido. I settori più richiesti? Tecnologia, analisi dei dati ed ecosostenibilità. Ma non dimentichiamoci del pubblico”.
A cura di Ida Artiaco
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"Il mercato del lavoro sta cambiando tantissimo e sta diventando sempre più fluido e in costante evoluzione. Prima erano le aziende che selezionavano, adesso lo fanno i candidati. Sono sempre più richieste le figure che si occupano di tecnologia, analisi dei dati ed ecosostenibilità. Ma centrali sono diventate anche le soft skill".

A parlare è Veronica Campogiani, National Education Manager The Adecco Group, piattaforma multibrand di consulenza e soluzioni HR per il mondo del lavoro, che ha scattato una fotografia di quelle che sono le figure più richieste a livello occupazionale in questo momento in Italia, spiegando anche quali sono i percorsi formativi e universitari da prediligere per avere maggiori opportunità di inserimento. Ma avvertendo: "Tutto quello che riguarda le tendenze di richiesta del lavoro è in costante evoluzione e tra un anno potrebbe essere superato per l'impatto della tecnologia".

Dott.ssa Campogiani, quali sono le figure professionali al momento più richieste in Italia?

"Una fotografia statica è difficile farla. Sicuramente, la tecnologia ha impattato molto, per cui tutte quelle figure che si occupano e si occuperanno di fare da mediatore tra l'uomo e la macchina saranno sempre più richieste, così come quelle che si occupano di gestione di dati e data science, che aiutano a far diventare i dati informazioni che vengono poi utilizzate a livello strategico. Legato sempre al mondo dei dati e della tecnologia è tutto il filone IT ma anche della cybersecurity, cioè l'andare a mitigare dei rischi d'attacchi o andarli ad analizzare. C'è poi tutto il mondo dello sviluppo degli algoritmi che permettono il funzionamento dell'industria 5.0 andando a disegnare i meccanismi di funzionamento delle macchine e di come l'uomo può governarle, e anche quello dell'intelligenza artificiale e dell'etica dell'IA".

A livello di ambiti cosa ci può dire?

"Un ambito che sta registrando una certa crescita, guardando alle proiezioni per il 2025, è il mondo della sanità, impattato dalla tecnologia, per esempio con l'utilizzo di IA. Medici e infermieri avranno bisogno di nuove competenze. C'è poi un tema parallelo, che è quello della società che sta invecchiando, per cui anche il ruolo di questi professionista si sta adattando. Avranno un focus su una fascia di popolazione sempre più adulta per cui saranno importanti, oltre alle conoscenze mediche, scientifiche e tecnologiche, anche skill più relazionali e psicologiche.

C'è il mondo delle vendite, con figure sempre più deputate all'utilizzo dei dati dei clienti per fare previsioni e per migliorare i processi di acquisto. Infine, un ulteriore ambito che sta emergendo e di cui andremo a registrare crescite importanti è quello delle professioni green, complici anche gli obiettivi dell'agenda 2030. Stanno evolvendo queste professioni, con una certa verticalità. Infine, non dimentichiamo il mondo del pubblico: complice il Pnrr, che è stata una spinta verso la digitalizzazione ed la managerializzazione, anche nel mondo pubblico si stanno registrando grandi richieste in termini di nuove assunzioni e a tendere ci sarà una crescita maggiore".

Quale università scegliere per avere maggiori possibilità occupazionali? 

"Abbiamo parlato tanto di ruoli con competenze tecnologie ma che in realtà portano in sé anche l'esigenza di competenze più "soft". Cosa sta succedendo? Negli ultimi anni, complice questo cambio di paradigma e di mercato, si sta spostando il focus sempre di più, anche nei momenti di ricerca e selezione, quando andiamo a preparare gli annunci e quando andiamo a chiacchierare con i clienti per mettere a fuoco il loro fabbisogno occupazionale, dalle competenze tecniche, che diventano obsolete in poco tempo, a quelle trasversali. Un candidato che è malleabile, che si adatta e che ha capacità di problem solving, è preferibile, sapendo che le competenze tecniche si possono imparare sul campo".

Come si sta adattando a questo il mondo delle università?

"Anche il mondo dell'università sta cambiando pelle e stanno iniziando a nascere percorsi multidisciplinari che non sono verticali al 100 per cento e che aprono più percorsi. Ad esempio, abbiamo la laurea in Data Science per le scienze sociali, che è un mix tra l'utilizzo dei dati e la parte di gestione HR, mettendo insieme due mondi. Oppure c'è l'indirizzo di lingue straniere con un focus sull'economia per lavorare nel settore import/export. O ancora un percorso di studi in Medicina ma con l'intelligenza artificiale. Quindi ci si sta aprendo ad una commistione di conoscenze per andare in parallelo a stimolare attività legate alle soft skill. Il che è una svolta nel panorama del nostro Paese. Di conseguenza, sono sdoganate anche le carriere più lineari, il che è un bel messaggio di serenità per i giovani, che possono buttarsi a fare esperienze diverse e imparare sempre nuove cose".

Quali sono le competenze che colpiscono il recruiter?

"C'è un tema di skill digitali, ma vediamo che le nuove generazioni ce l'hanno un po' innate. L'apertura verso la tecnologia è vista come qualcosa di positivo. Ad esempio, anche il gaming: giocare ai videogiochi, che poteva essere un cliché del neet con accezione negativa, in realtà è importante per lo sviluppo di alcune competenze trasversali. Valorizzate il fatto giocate ai videogame nel cv. Valorizzate ciò che fate fuori dalla scuola e dall'università. Noi vogliamo accompagnare i ragazzi a prendere questa consapevolezza".

Cosa può dirci di chi invece decide di non intraprendere il percorso universitario?

"Il mondo dei diplomati – di chi decide di non proseguire con l'università – sta registrando tante opportunità di lavoro nel mondo della manifattura con approccio tecnologico. È questo un ambito, insieme a quello della ristorazione e dell'hospitality, in cui si sta registrando una crescita costante per i ragazzi che poi imparano le cose sul campo. È tutto molto fluido, con una personalizzazione costante e a seconda dell'esigenze si stanno dando risposte fino a qualche anno fa inimmaginabili. Per altro, anche il mondo dei diplomati entra nelle università, magari non subito".

Come è la situazione a livello geografico?

"Noi siamo un paese di distretti industriali per quanto riguarda l'occupazione e tali restano. Per quanto riguarda lo studio, c'è mobilità cresciuta negli anni ma allargherei l'orizzonte oltre l'Italia. Spesso si intraprende un percorso di studio all'estero e in particolare in Europa. Secondo me, la fuga dei cervelli non è necessarimante un fatto negativo, perché molti tornano. Questo sempre perché si tratta di scelte fluide e non definitive".

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