Sull'immigrazione ci piacerebbe davvero pensarla come il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. Ci piacerebbe cioè non avere dubbi quando ci rapportiamo a problemi complessi, che chiamano in causa la vita di centinaia di persone e la coscienza di un intero popolo. Ci piacerebbe davvero avere a portata di mano soluzioni comode, da prendere senza rimorsi e senza curarci delle conseguenze. Così quando abbiamo letto le sue considerazioni sugli sbarchi dei migranti sulle coste italiane per un attimo ci siamo lasciati attraversare dal dubbio: vuoi vedere che siamo diventati "facili moralisti" e "perbenisti" da poltrona?
Poi abbiamo letto meglio le parole di Gasparri: "Respingimenti decisi, senza troppe esitazioni. Basta con la resa all'invasione". Certo, se "la Ue non collabora" e non riconosce che l'onere dell'accoglienza spetta a tutti e non solo al nostro Paese. Però, senza andare troppo in profondità in considerazioni di carattere pratico che pure dovrebbero avere una certa rilevanza (come farebbe Gasparri a discernere "al volo" tra profughi e clandestini? Come immagina i respingimenti decisi? A chi spetterebbero poi soccorsi ed accoglienza?), ci siamo ricordati di un "piccolo dettaglio": la condanna per violazione dei diritti umani del nostro Paese da parte della Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo. Proprio per i respingimenti in mare. Proprio per aver "violato l'articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura", nonché per aver "violato il divieto alle espulsioni collettive, oltre al diritto effettivo per le vittime di fare ricorso presso i tribunali italiani". Una sentenza che destò scalpore e gettò vergogna sull'intera Penisola.
All'epoca dei fatti (il respingimento avvenne nel 2009, anche se la sentenza arrivò solo nel febbraio del 2012) Gasparri era al Governo. E nemmeno allora fu sfiorato dal dubbio.