L'angoscia di quei palazzetti con le bare allineate, un uomo ritto in grisaglia blu che passa e esprime cordoglio, ma quante volte l'abbiamo vista questa scena nel nostro Sud d'Italia? L'angoscia delle morti, degli interrogativi: si poteva fare qualcosa? Lo sai che anche io prendo il treno tutti i giorni? Se ne aggiunge un'altra, ora, masticata amara come sangue in bocca, nel dialetto delle mie parti: «Ce vo' a ciorta pure a murì». La ciorta, la fortuna. Ci vuole quella per morire e non essere dimenticati nel giro di 24 ore, tra una strage di Nizza e un colpo di stato in Turchia. È questa oggi la cosa che m'opprime e così chissà quanti altri; se opprime me figuriamoci mamme, padri, figli. Dimenticati. Dimenticati dopo i funerali, dimenticati tra la politica estera che in Italia guardiamo come i gatti curiosi guardano una pallina.
Declassata a fatto regionale in pochi giorni, la strage di Puglia. Tra poco se ne occuperanno le cronache locali, fra qualche mese chi si ostina a parlare di binario unico, di responsabilità, di macchinisti che fanno i controllori di loro stessi, di pendolari in balìa del caso, sarà etichettato come rompicoglioni. Abbiamo sofferto, bruciato opinioni e storicizzato nel giro di quanto? Trentasei ore? Oggi c'è da commentare Ankara, ieri c'era Nizza. Lo stivale d'Italia è bello che dimenticato. È questo che mi fa proprio rabbia.