Non dico sia impossibile. Molti lo fanno già da anni, costretti da licenziamenti, da crisi aziendali, da piani di ristrutturazione. Ma davvero, mi spiegate qual è il senso di questa tronfia soddisfazione contro quegli prof incazzati neri perché col nuovo gioco a premi del governo, il ‘Gratta e insegna' si trovano proiettati a centinaia di chilometri da casa per acciuffare finalmente il contratto di lavoro a costo di stravolgere famiglia, abitudini, affetti? «Non accettate? Disoccupati a vita?»; «Volete il posto fisso e basta», sono alcuni dei commenti (quelli meno aggressivi e volgari) che mi è capitato di leggere nelle ultime ore, sui social network.
È l'Italia liberista (sulla pelle degli altri) dei primi di settembre, baby.
Comunque non ricordo, in quale parte della Costituzione Italiana c'è scritto: «Tu lavorerai con dolore»? Occorrerebbe ogni tanto calarsi nelle vite degli altri.
Trasferirsi a 50 anni (sposati? Con figli? Divorziati? Con genitori anziani? Scegliete voi) in un posto sconosciuto, a occupare un ruolo cruciale nella vita di un ragazzo, quello dell'insegnante, non è il massimo, non vi pare? Il cinquantenne che fa la valigia sarà anche un caso estremo ma fornisce un quadro di un provvedimento dalle innumerevoli storture.
Sottopagati, frustrati e strappati alla loro vita: questa gente perché dovrebbe essere felice di insegnare, perché dovrebbe sentirsi ripagata di tutti i sacrifici fatti finora?
*ho scritto «moglie e figli». Ovviamente potrebbe essere tranquillamente marito e figli. Meglio precisarlo, di questi tempi…