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Baby squillo, prostituirsi grazie alla Rete non vi renderà libere

Il caso delle baby squillo romane fa scuola: prostituirsi servendosi della rete è molto semplice, ha sostanzialmente cambiato la forma del negoziato “sesso in cambio i denaro” e trasformato la figura dello sfruttatore.
A cura di Sabina Ambrogi
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La vicenda delle baby squillo, che si concluderà il primo luglio con la sentenza di primo grado degli otto rinviati a giudizio accusati di induzione favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione minorile, mette in luce dei cambiamenti sostanziali del sistema prostitutivo, grazie alla rete e alla tecnologia. Inoltre, in questi ultimi tempi è particolarmente forte il dibattito sulla libertà della scelta delle donne di prostituirsi ritenuta, secondo alcune scuole di pensiero (sia neo liberista che di sinistra post-moderna), una forma di autodeterminazione.

Va però chiarito che significa prostituirsi on line. La possibilità di condividere immagini ha favorito un ulteriore modello di prostituzione rispetto al tradizionale mercato “prostituta-sfruttatore-cliente”, che è la vendita della propria immagine erotica tramite le videocam. Si esclude a priori ogni forma di mediazione: il cliente paga direttamente on line per avere il servizio video pattuito e non c'è nessun incontro reale tra i due. Una pura esibizione e interazione virtuale dietro pagamento che ha raggiunto un'ampia fetta di popolazione femminile di non professioniste: dalle studentesse alle donne disoccupate, o semplici amanti del genere.

Totalmente diverso dalla prostituzione on line, solo virtuale, è l'inserzione on line al fine di un rapporto sessuale reale tra prostituta e cliente. La rete è allora una vetrina. Un modello che ha favorito l'accesso delle donne (anche minori) alla prostituzione perché, almeno apparentemente, escluderebbe lo sfruttatore. Il caso delle baby prostitute romane, ad esempio, è legato all'uso della rete per pubblicizzare se stesse su libere piattaforme specializzate per gli incontri. Inoltre in Italia non è vietato vendere il proprio corpo ma la sola cosa che trasforma la vendita di sé in reato è per chi favorisce e sfrutta la prostituzione.

Dalla strada alla piazza virtuale

La diversificazione in rete non significa però che non esistano più gli sfruttatori tradizionali per le prostitute in strada: sono sempre loro che le gestiscono, governano le zone e i quartieri, e che sono responsabili di violente induzioni alla prostituzione, spesso minorile. Il consumo inoltre, in questi casi, avverrebbe nelle auto del cliente.

Quando una delle due baby squillo romane (di soli 15 anni) ha cercato su google “come guadagnare soldi” è finita in uno dei più noti e quotati siti di incontri, dall'aspetto rassicurante: da una parte, nella colonna sinistra, ci sono tutte le città italiane, su quella destra ci sono foto di volti sorridenti e levigati. Potrebbe essere una pubblicità di una multinazionale di mobili per la casa e la famiglia. Si clicca sulla città che interessa (ogni città è a sua volta divisa in quartieri) e la tipologia dell'incontro: donna cerca uomo, uomo cerca donna, uomo cerca uomo, donna cerca donna, coppie, e cerco amici. Poi ci si iscrive, asserendo di avere 18 anni, e dopo aver letto le avvertenze che recitano, mentendo: “è vietato inserire annunci a sfondo sessuale, o riproduzioni di organi sessuali o nulla che possa riportare a qualche azione criminale”.  A quel punto si può pubblicare il proprio annuncio, e si è in concorrenza con tutti.

Rispetto al modello tradizionale non si deve sostare in strada, concorrenza e “adescamento” si possono vincere giocando sul bluff: l'immagine pubblicata non è veritiera, le prestazioni promesse non saranno quelle etc. Per questa ragione sono anche nati, sempre in rete, dei siti di clienti che si scambiano informazioni dopo incontri reali avvenuti.

La prostituta

Per vendersi dunque basta inserire un annuncio in cui si menzionano le caratteristiche fisiche, le attitudini nel rapporto sessuale (calda, bollente, super etc) e le prestazioni sessuali. Anche qui, il tratto di se stesse più venduto non solo è la corrispondenza della foto alla verità, ma anche “nazionalità italiana”. Inoltre, la possibilità offerta dalla rete ha facilitato la prostituzione in spazi chiusi, club privé e case massificando anche la denominazione di “escort”.

Dalle foto allegate negli annunci però si intravedono interni di case squallide, dettagli di pavimenti miserabili, frammenti di letti che ospitano donne in esposizione, in tutte le pose eroticamente rilevanti. Biancheria intima a buon mercato e scarpe improponibili. Si fatica un po' in questa dimensione, a riconoscere il tratto della “puttana felice” che viene proposto da chi oggi esalta il mestiere come qualcosa di particolarmente glamour. Ma siamo comunque sempre nello spazio della “libertà di vendersi” oltre che nell' estrema facilità a farlo, anche per delle studentesse minorenni.

Lo sfruttatore

Le prostitute, o se si vuole escort o altra variante, per incrementare la clientela, e magari selezionarla all'origine- anche perché si può presentare chiunque – hanno bisogno di un “manager”. Così in questo nuovo sistema si muovono figure di sfruttatori simili a organizzatori di eventi e che, sempre in rete, si costruiscono scuderie e portafoglio clienti che gestiscono con abilità imprenditoriale. Quale attività migliore: semplice, redditizia e a chilometri zero.

Così è stato per le baby squillo, che hanno sì iniziato in proprio, ma sono finite gestite da altri. Uno di questi, il caporalmaggiore dell'esercito Nunzio Pizzacalla, accusato di sfruttamento: avrebbe scovato come un vero talent scout le due giovani in rete e gli avrebbe mandato una folta clientela. Il tutto rimanendo comodamente all'Aquila mentre le ragazze ricevevano i clienti a Roma. Poi sarebbe andato a Roma a chiedere, senza riceverle però, le percentuali sui prezzi pattuiti. Lo stesso avrebbe fatto con altre ragazze, una di Napoli e un'altra donna di Firenze ben più adulta, escort dopolavorista, alla quale, sempre da lontano, organizzava con piglio militaresco, incontri del tipo “gang band”, cioè una donna più uomini e diverse prestazioni. La escort negoziava poi con lui la percentuale da spartirsi.

Mirko Ieni, secondo la Procura l'altro sfruttatore delle ragazzine, le avrebbe sempre scovate grazie all' annuncio su internet, si sarebbe prima proposto come cliente, e poi come manager, al punto da affittargli un appartamento (quello di viale Parioli 190) chiedendo loro una percentuale sull'appartamento e sulle prestazioni eseguite. A volte, quando a loro non andava, le richiamava all' ordine, esortandole a lavorare sodo.

Al di là dell'aggravante della prostituzione minorile, rimanendo sul solo dato della facilità di prostituirsi e della diversificazione offerta dalla rete, ad oggi, la libera professione di “sex worker” sembrerebbe veramente ancora lontana o meglio impossibile da gestirsi senza un'organizzatore che filtri annunci e contatti e che prenda delle percentuali. Non siamo davvero fuori dalla solita spirale. E' solo diversa.

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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