Quando pensi che non possa andare peggio, arriva Donald Trump e usa le stesse parole che durante il nazismo usarono le Schutzstaffel nei confronti di ebrei, rom e sinti, oppositori politici, testimoni di Geova, omosessuali e lesbiche, persone transgender e con disabilità.
Donald Trump avrebbe potuto ricordare il Giorno della Memoria in tanti modi, ma ha scelto il peggiore: promuovere la deportazione delle persone palestinesi.
Nel dettaglio: Trump, da sopra l'Air Force One – il nome radio dell'areo che trasporta il presidente degli Stati Uniti d'America – ha infatti lanciato la sua idea: "Ripulire Gaza". Dalle macerie dei bombardamenti israeliani, si potrebbe pensare. Dagli infiniti palazzi distrutti, dalle case inagibili, e invece no. La proposta di Donald Trump è di ripulire Gaza dai palestinesi, un po' come "ripulire l'Italia dagli italiani", o per tenere le proporzioni "Milano dai milanesi".
Se le deportazioni non si portassero dietro ogni volta la Memoria dei più gravi atti delittuosi della Storia dell'umanità, farebbe ridere come pensare di togliere Napoli ai napoletani, o Ponte Vecchio a Firenze. Voglio dire: chi potrebbe mai seriamente pensarlo? La risposta è: il presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump, che nella stessa conferenza stampa ha annunciato anche di voler dare il via libera alla fornitura di nuove armi ad Israele, bloccate a suo tempo dall'amministrazione Biden, come quella delle bombe da duemila libbre. Se per caso a qualcuno fosse sfuggito che deportazioni e bombe, ça va sans dire, sono collegate.
Donald Trump, che i trumpini di casa nostra descrivevano come l'uomo della pace, promuove invece guerra e deportazioni.
Facciamo un passo indietro: oggi 27 gennaio è il Giorno della Memoria. La data scelta è simbolica e rappresenta la liberazione da parte dell'Armata Rossa del campo di sterminio di Auschwitz. È una data scelta a livello europeo, per ricordare quello che è stato e – soprattutto – perché quello che è accaduto non avvenga mai più. Immagino l'abbiate già sentita questa frase, è stata ripetuta così spesso da diventare un mantra, e infine ha perso valore. Perché mentre oggi torna questo Giorno, qualcun altro si sta muovendo invece esattamente in quella direzione: bombe, massacri e deportazioni.
Donald Trump avrebbe potuto ricordare il Giorno della Memoria in tanti modi, ma ha scelto il peggiore.
Avrebbe potuto scusarsi per il saluto nazista di Elon Musk, durante il suo insediamento. Avrebbe potuto accogliere i rifugiati messicani, o almeno mettere in regola quelli che già lavoravano negli Stati Uniti d'America, invece di pubblicare sui social della Casa Bianca una loro foto in catene, uno dietro l'altro, mentre tronfio li rimpatria dietro suo ordine. Una foto che richiama tanto, ma tanto, proprio le deportazioni.
Donald Trump oggi sarebbe potuto andare ad Auschwitz, se non proprio a Gaza; avrebbe potuto ricordare alla premier Giorgia Meloni le connivenze infinite fra nazisti e fascisti. Donald Trump oggi avrebbe potuto stare zitto, e invitare sull'Air Force One le sorelle Bucci, Andra e Tatiana, tra l'altro almeno una di loro vive da anni proprio negli Stati Uniti d'America. E avrebbe potuto far parlare loro, con i giornalisti e le giornaliste, e nessuna delle due donne avrebbe certamente parlato promuovendo idee di deportazione.
Donald Trump oggi avrebbe potuto cercare un'intesa per abolire le bombe nucleari dalla storia dell'umanità, invece che condividere la sua ideuzza per la deportazione di un popolo; avrebbe potuto chiudere almeno le basi militari americane in Italia, per un'idea di pace. Donald Trump avrebbe potuto chiedere a Israele e a tutta la comunità internazionale di riconoscere lo Stato di Palestina. Perché anche questa sembra diventata un'utopia da progressisti radicali di sinistra, ma sarebbe sufficiente riconoscere valore alle persone, per capire che la terra dove abitano i palestinesi non può che chiamarsi Palestina, ufficialmente, come quella dove abitano i francesi si chiama Francia, o quella dove abitano gli spagnoli – indovinate un po'? – si chiama Spagna. Un riconoscimento che permetterebbe a quel Paese di darsi un ordinamento e alle persone di costruirsi una vita senza rischiare, forse, di essere bombardate soltanto per averci provato.